In un’intervista rilasciata al quotidiano La Nuova Sardegna e pubblicata il 28 novembre scorso, l’attore Moni Ovadia si è espresso in termini giustificazionisti riguardo le stragi delle foibe compiute dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito.
Il Presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Cav. Renzo Codarin, ha inviato la seguente replica alla redazione del quotidiano di Sassari.
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Spiace constatare che nell’intervista “La memoria, uno specchio per il futuro” rilasciata al quotidiano “La Nuova Sardegna” Moni Ovadia abbia sposato le tesi giustificazioniste riguardo le stragi delle foibe e l’esodo del 90% degli italiani autoctoni dell’Adriatico orientale.
Accodandosi ad una narrazione semplificatoria e incompleta nella contestualizzazione dei massacri compiuti dai partigiani comunisti jugoslavi di Tito, il noto attore non riesce ad individuare questi ultimi come carnefici, né sembra essere a conoscenza delle parole che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha più volte ribadito in occasione del Giorno del Ricordo contro i giustificazionismi.
Inoltre le notizie delle nuove scoperte di foibe e fosse comuni nella ex Jugoslavia dovrebbero essergli note: dopo la fine della Seconda guerra mondiale anche sloveni, croati e serbi furono eliminati a migliaia in quanto “nemici del popolo” dalla nascente dittatura comunista titina e si trattava non solo di nazionalisti e anticomunisti, ma anche delle loro intere famiglie. Possono essere quindi definiti carnefici i partigiani titini?
Spiace anche notare che nell’additare al pubblico ludibrio le colpe degli italiani nell’occupazione della Jugoslavia Ovadia non faccia un opportuno distinguo ricordando il libro di Menachem Shelah “Un debito di gratitudine. Storia dei rapporti tra l’Esercito Italiano e gli Ebrei in Dalmazia (1941-1943)”, da cui si evince il ruolo dei nostri militari nel dare accoglienza agli ebrei perseguitati dai nazisti e dai loro collaborazionisti nella Jugoslavia occupata. Il questore di Fiume Giovanni Palatucci è stato, invece, giudicato “Giusto tra le Nazioni” nel 1990 dallo Yad Vashem di Gerusalemme per l’impegno profuso per salvare dalla persecuzione nazista cittadini ebrei a costo della propria vita.
Ricordiamo, infine, che l’espansionismo jugoslavo nei confronti delle terre adriatiche abitate in maggioranza da italiani affonda le sue radici ben prima dei tragici eventi subiti dalla Jugoslavia nella Seconda guerra mondiale. Al di fuori dello stereotipo dell’Austria felix, l’Impero austro-ungarico nei suoi ultimi anni di esistenza, di fronte agli opposti nazionalismi tra slavi e italiani nelle terre ancora sotto il suo dominio, invece di svolgere compiti di pacificatore giocò la carta del divide et impera, fomentando ulteriormente gli animi e scatenando una serie di azioni e reazioni che si protrarranno fino all’italofobia della nascente Jugoslavia comunista che indurrà oltre 300.000 nostri connazionali all’esilio. All’interno di quest’Esodo vi saranno anche i pochi superstiti della comunità ebraica di Fiume, tutt’altro che intenzionati a vivere in una nuova dittatura.
Renzo Codarin
Presidente nazionale Anvgd