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Risorgimento in Istria e Dalmazia: il convegno di Pirano (Voce del Popolo 21 nov)

Niccolò Tommaseo, Domenico Lovisato, Carlo Combi, Francesco Salata, Carlo De Franceschi, Pier Alessandro Paravia, Federico Seismit-Doda, Vincenzo Solitro, Antonio Madonizza, Francesco Vidulich, Tomaso Luciani… e tanti altri ancora. Il denominatore comune? Quello di essere degli intellettuali italiani di Istra e Dalmazia che, orgogliosi della propria identità, scesero in campo con impegno, sia sul fronte politico sia su quello storico-culturale e civile, argomentando le ragioni per cui l’eredità delle loro terre, così intrinsecamente legate all’altra sponda di un mare che in passato soprattutto univa piuttosto che dividere, andava riconosciuta e adeguatamente inserita nell’ambito del processo unitario che coinvolse la Penisola appenninica nella seconda metà dell’Ottocento. Studiosi ed eruditi che manifestarono pubblicamente la volontà di appartenenza alla nazione italiana, ossia a un tessuto sociale, storico, culturale e linguistico che era istro-veneto e quindi italiano.

 

“L’auspicio è che questo convegno scientifico dia effettivamente dei risultati positivi, che ci permetteranno, anche domani, di portare avanti il discorso della nostra presenza secolare sul nostro territorio, del nostro diritto di sentirci italiani”, ha detto Silvano Sau, presidente della Comunità autogestita della nazionalità italiana di Isola, all’apertura della giornata internazionale di studi “L’Unità d’Italia e l’Adriatico orientale. Il ruolo degli intellettuali (1859 – 1870)”. E le aspettative non sono venute meno. Ineccepibile organizzazione, accurata e appropriato oggetto di studio e approfondimento, come pure l’articolazione degli argomenti e delle tematiche; invidiabile il concorso di eminenti studiosi e l’alto livello delle disquisizioni. Numerose le riflessioni scaturite, così pure gli spunti per ulteriori discussioni. Tra l’altro, non si è mancato di osservare come, a livello di celebrazioni del 150.esimo in Italia, si sia trascurato e dimenticato (“per paura di certi cialtroni che contrastano l’Unità d’Italia”, come affermato da Carlo Ghisalberti) di Cavour, di colui che ebbe un ruolo così determinate nel Risorgimento.

 

Un incontro di grande rilievo e spessore, voluto dalla Società di studi storici e geografici di Pirano, e organizzato a Isola venerdì scorso, con la collaborazione e il sostegno delle massime istituzioni italiane del territorio – dall’Unione Italiana, al Centro Italiano di Promozione, Cultura, Formazione e Sviluppo “Carlo Combi”, al Centro di ricerche storiche di Rovigno, alle CAN di Isola e Pirano, alle Comunità degli Italiani, la piranese “Giuseppe Tartini” e la capodistriana “Santorio Santorio” –, nonché degli istituti e degli enti scientifici, tra cui il Dipartimento di Italianistica della Facoltà di Studi umanistici dell’Università del Litorale (Capodistria), il Comitato di Trieste e Gorizia dell’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, l’Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione, l’Associazione culturale italoungherese “Piero Paolo Vergerio” di Duino Aurisina.

 

Importante, si diceva: e Palazzo Chigi ha concesso il logo ufficiale delle celebrazioni del 150.esimo dell’Unità d’Italia – a quanto risaputo, in regione lo ha avuto ancora soltanto l’incontro dei presidenti a Pola e il concerto nell’Arena –, che gli organizzatori hanno potuto apporre negli inviti, nei manifesti e negli altri materiali legati al simposio, accanto a un’immagine altamente evocativa: il profilo di Dante Alighieri, ritratto nel 1865 dal pittore capodistriano Bartolomeo Gianelli (1824 – 1894). Sotto il volto riflessivo del sommo poeta, riuniti nello splendido Palazzo Manzioli, quindici relatori, tra storici, linguisti e archivisti, provenienti oltre che dalla regione anche dalla vicina Croazia e dall’Italia – e seguiti nell’occasione da un nutrito pubblico di esperti, ma anche di semplici amatori coinvolti dall’argomento, nonché da una comitiva di ragazzi del Ginnasio “Gian Rinaldo Carli” –, hanno fatto luce e riflettuto sui diversi echi che gli eventi risorgimentali italiani hanno avuto in Istria e in Dalmazia.

 

Impossibile, in questa sede, per motivi di spazio, riassumere i singoli contributi; del resto, ciascuno di essi meriterebbe, per interesse intrinseco, un approfondimento a sé. Come ribadito dalla Società organizzatrice, le relazioni presentate a Palazzo Manzioli verranno successivamente pubblicate in un volume a parte nell’ambito della sua collana “Acta Historica Adriatica”. Carlo Ghisalberti (Università “La Sapienza”, Roma), si è soffermate sulle scelte del Governo e le posizioni dell’opinione pubblica dell’Italia appena unificata di fronte ai problemi dell’Adriatico orientale; Almerigo Apollonio (Società di studi storici e geografici, Pirano), ha parlato della classe politica liberale triestina e istriana negli anni nella metà dell’Ottocento, non mancando di toccare la questione della Dieta del “Nessuno” (di cui pure quest’anno ricorre il 150.esimo). Gino Ruozzi (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna) si è soffermato su alcuni momenti fondamentali del pensiero di Niccolò Tommaseo; Alberto Brambilla (Université de France-Comté, Besançon), ha toccato la figura del linguista, glottologo italiano Graziadio Isaia Ascoli; Fulvio Salimbeni (Università di Udine) ha presentato quella di Prospero Antonini, patriota friulano tra la II e la III guerra d’indipendenza; mentre Antonio Cernecca (Milano) ha illustrato l’attività intellettuale e politica dell’albonese Tomaso Luciani in Italia tra l’Unità e il 1866.

 

Michele Pietro Ghezzo Tardivo (Società Dalmata di Storia Patria, Venezia) ha scavato negli archivi per mettere a disposizione degli studiosi e dei ricercatori materiale prezioso sul ruolo dei Dalmati universitari padovani nell’Unità d’Italia (e, tra l’altro, è riuscito a risalire alla data esatta della laurea del Tommaseo, risolvendo un piccolo mistero). Fulvio Senardi (Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione, Trieste), si è occupato dell’impegno risorgimentale di Giuseppe Revere; Nedjeljka Balić-Nižić (Università di Zara), ha riportato l’influenza letteraria del Risorgimento in Dalmazia, con riferimento specifico ai periodici dalmati (1859-1870) e in particolare “Il Nazionale/Narodni List” e “Il Dalmata”; Sanja Roić (Università di Zagabria) ha analizzato i toni “semi-orientalistici” e le tematiche dalmate e montenegrine nell’opera di Ippolito Nievo; Živko Nižić (Università di Zara) ha richiamato l’attenzione su un poemetto encomiastico di Marco Antonio Vidovich, poeta, traduttore, funzionario austriaco, dedicato a Lissa e all’i.r. viceammiraglio Tegetthoff (1867). Branko Marušič (Nova Gorica) con “Gli Sloveni e il Risorgimento italiano”, Milan Pahor (Biblioteca nazionale slovena e degli studi, Trieste), con “Gli Sloveni a Trieste: dalla nascita dello Slavjansko društvo nel 1848 attraverso l’istituzione della Slavjanska čitalnica nel 1861 sino alla Società politica Edinost nel 1874”, Salvator Žitko (Società storica del Litorale, Capodistria), con “I riflessi dell’Unità d’Italia e le opinioni del giornale triestino ‘Primorec’ di Vekoslav Raić negli anni Sessanta del XIX secolo” e Kristjan Knez (Società di studi storici e geografi ci, Pirano), con “Storia ed erudizione contro le pretensioni carnioliche”. La difesa dell’autonomia di Trieste e dell’Istria e il movimento nazionale sloveno e croato (1865-1871)” ci hanno invece riportato al periodo in cui iniziarono ad affacciarsi anche le aspirazioni nazionali degli Slavi meridionali, con le conseguenze a venire.

            Come nel titolo, il convegno ha teso a porre in evidenza il ruolo svolto dagli intellettuali in un’epoca di speranze e delusioni, di incomprensioni, di realtà differenti che si andavano affermando e di contrasti (nazionali) in nascere, e che sarebbero esplosi più tardi in tutta la loro drammaticità. In tal senso fu profetico, ma inascoltato, il messaggio del vescovo Juraj Dobrila (ricordato al simposio isolano da Almerigo Apollonio), sul “cattivo risveglio” che gli italiani – allora maggioranza – avrebbero avuto in futuro quando i croati e gli sloveni da niente sarebbero diventati qualcosa.

 

Assieme alla sentita partecipazione degli italiani dell’Istria e della Dalmazia alle vicende risorgimentali, dagli interventi è emersa in particolare l’influenza esercitata dai giornali e dalle riviste, dalla storiografia, come pure delle relazioni e dalle corrispondenze che questi intrattennero con politici e statisti della Penisola italiana. Me è altresì scaturita la scarsa conoscenza delle “cose” istriane e dalmate da parte di questi ultimi, e l’insicurezza con la quale lo Stato italiano (non) si mosse in questo ambito: la sua politica estera nei confronti dell’Adriatico orientale fu contrassegnata da cautele, frustrazioni, perplessità, batoste coloniali ed evidenti errori, mettendo una pietra tombale sulle legittime aspirazioni dei connazionali dell’Adriatico orientale. Aspirazioni che mai avranno modo di esprimersi e tradursi in autodeterminazione.

 

La giornata di studio ha esaminato pure le posizioni manifestate dagli intellettuali sloveni e croati, la comparsa di un sentimento nazionale e di progetti politici diametralmente opposti a quelli degli italiani, l’esordio degli attriti tra le parti coinvolte, la manifestazione dei dissapori nazionali e politici (con un riferimento particolare alle lotte tra autonomisti e annessionisti in Dalmazia), il ruolo del clero e la particolare posizione di Trieste, quale luogo di incontro e di scontro tra posizioni politiche differenti. Inoltre, è stata ribadita la necessità degli studi storici e di erudizione: se nel corso dell’Ottocento divennero strumenti ritenuti utili per contrapporre le pretese del movimento nazionale croato e sloveno, oggi sono altrettanto indispensabili, in questo caso per controbattere visioni distorte e negazionistiche di certa parte della storiografia croata e slovena nei confronti della presenza italiana.

 

Ilaria Rocchi

“La Voce del Popolo” 21 novembre 2011

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