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Rivalutati importanti tasselli del passato dell’Istria (Voce del Popolo 26 ott)

ALBONA – Sono preziosi tasselli nella riscoperta, nella ricomposizione, nella comprensione e nella valorizzazione della storia dell’Istria i contributi che i partecipanti all’undicesimo convegno annuale della Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia di Trieste hanno presentato di recente all’incontro tenutosi nel Teatrino della Cittavecchia di Albona. Il tradizionale appuntamento dell’associazione è stato organizzato in collaborazione con l’Archivio di Stato del capoluogo giuliano, la Comunità degli Italiani “Giuseppina Martinuzzi” e il Museo civico di Albona. Vi hanno preso parte dodici relatori, storici croati e italiani, tra cui gli esponenti della Deputazione, dell’Archivio triestino, come pure del Museo civico albonese. Presenti i membri dell’Assemblea dell’associazione triestina, oltre a un gruppo di soci della CI di Albona.

La protostoria del territorio è nata ad Albona

L’onore-onere di inaugurare i lavori – dopo i saluti della presidente della CI ospitante, Daniela Mohorović, e del vicesindaco di Albona, Zoran Rajković – è spettato all’archeologa Kristina Mihovilić, del Museo archeologico istriano di Pola. Parlando de “Lo scavo del castelliere Torre-Gradaz sopra Valmazzinghi e nuovi dati per la fondazione dei castellieri”, la Mihovilić ha proposto una diversa cronologia legata ai castellieri, e ha in pratica confermato ciò che si supponeva da tempo, ossia che la loro fondazione risalga a tempi ancora più antichi di quanto si pensasse. Sui castellieri nell’Albonese si è soffermato nella sua relazione pure Vedran Kos, del Museo civico di Albona, parlando degli insediamenti dell’età del Bronzo nell’Istria orientale. Il suo elenco ha compreso il castelliere di Kunci, vicino ad Albona, dove alcuni anni fa egli stesso ha gestito gli scavi più recenti per stabilire due fasi insediative. A visitare il castelliere nel 1874 era stato il famoso esploratore inglese Richard Burton, che aveva inserito la questione dei castellieri nel dibattito sulla protostoria italica ed europea. Come sottolineato al convegno, il primo che ha intuito che i castellieri fossero strutture non di età romana, ma di età preromana, è stato lo storico albonese Tomaso Luciani, per cui, è stato concluso, la protostoria della Venezia Giulia è nata ad Albona.
Affrontando il tema “Osservazioni sulla topografia degli insediamenti tardo antichi e medievali dell’Albonese”, lo storico Gaetano Benčić di Torre, docente di storia e geografia presso la Scuola media superiore italiana “Leonardo da Vinci” di Buie, ha sottolineato che la presenza delle chiese fuori del perimetro della cinta muraria confermerebbe che nell’Albonese, nella Tarda Antichità e nel Medioevo, vi fu una continuità di un tipo di insediamento sparso. Lo dimostrerebbe il caso di Fianona, la cui parte alta fu fortificata e nella cui parte bassa (Porto Fianona), dove ci sono oggi le centrali, vi fu, ad esempio, una chiesa dedicata a San Vito che non c’è più e che, secondo lo storico Pietro Kandler, sarebbe stata a tre navate, con colonne antiche e mosaici.

Salvaguardare l’eredità di Venezia

Dell’importante impronta veneta ad Albona ha parlato Tullio Vorano, dirigente del Museo civico di Albona, attivo in seno all’Università popolare aperta. Vorano ha ricordato, tra l’altro, l’intensa attività edilizia svoltasi nel periodo veneto grazie alla famiglia Scampicchio. Secondo quanto detto, quasi tutti gli edifici della Cittavecchia sono dell’epoca veneta: la maggior parte è conservata, una ventina sono invece quelli distrutti e una quindicina hanno completamente perso il loro aspetto veneto dopo la ristrutturazione. “Alle nuove generazioni resta da conservare il prezioso patrimonio veneto”, ha concluso Vorano.
Sono seguite le relazioni di Denis Visintin, direttore del Museo Civico di Pisino, che ha affrontato il tema “La campagna istriana in epoca veneziana”, e dell’archeologo e storico dell’arte Marino Baldini di Parenzo, che della “Scultura medievale nel Duomo di Albona” ha parlato di fronte alla chiesa parrocchiale della Cittavecchia.

Flacio Illirico, «talebano riformatore»

I partecipanti al convegno hanno visitato poi il Museo civico di Albona, mentre le relazioni sono continuate dopo il pranzo, quando il programma ha compreso, tra l’altro, gli interventi su illustri personaggi albonesi, tra cui Mattia Flacio Illirico, Giuseppina Martinuzzi e Tomaso Luciani. Il primo dei tre, come ha sottolineato Gianfranco Hofer, segretario della Deputazione, nella sua relazione “Dalla biblioteca civica di Trieste, su Flacio Illirico nella cultura italiana” era da alcuni storici italiani visto come “talebano riformatore”, mentre il grande albonese era “molto attento alla cultura italiana”. Lo apprezzano pochi storici italiani, tra loro Emilio Comba, mentre era praticamente ignorato da, ad esempio, Cesare Cantù. Una spiegazione, è stato detto al convegno, potrebbe essere la marginalità del territorio nativo di Flacio.

Diversi personaggi multiculturali

Flacio si è trovato, con Marco Marulo (in croato Marko Marulić, in latino Marcus Marulus, considerato il padre della letteratura croata), e il poeta e matematico di Ragusa, Michele Monaldi, al centro della relazione intitolata “Da Albona a Ragusa: uomini e percorsi della prima età moderna”, in cui Giovanna Paolin, direttore delle pubblicazioni della Deputazione, ha voluto soffermarsi su personaggi che si sentivano di appartenere a più di una cultura.
Antonio Cernecca ha parlato del legame tra Giuseppina Martinuzzi e Tomaso Luciani, basandosi sulle lettere inedite che Luciani aveva mandato al padre della grande poetessa albonese, Giovanni, a metà dell’Ottocento e su quelle che Luciani indirizzò alla Martinuzzi nel periodo tra il 1867 e il 1893. Come detto, i due furono uniti da uno stretto e sacro rapporto intellettuale e di amicizia, in cui Luciani si associava all’immagine paterna nel campo culturale. L’epistolario, che è conservato presso la Biblioteca universitaria di Fiume e per il quale Cernecca spera che sarà pubblicato, dimostra che, contrariamente a quanto si enfatizza nella letterarura, “la rottura che sarebbe avvenuta per motivi politici tra il padrino e la giovane poetessa non ha avuto luogo”, il che è una correzione molto importante. Come detto al convegno, dal carteggio emerge, inoltre, “la polarità nel pensiero storico di Tomaso Luciani tra l’irredentismo e l’istrianismo”.

Sul web le mappe catastali della regione

Nell’ambito dell’intervento “Fondi su Albona nell’Archivio di Stato di Trieste” Grazia Tatò, presidente del Consiglio direttivo dell’istituzione triestina, ha presentato al pubblico nel Teatrino un progetto pilota che prevede l’inserzione di mappe catastali di vecchia data dei luoghi del territorio della Venezia Giulia nelle pagine web. Il progetto è iniziato lo scorso 12 ottobre e vi si possono già trovare i documenti relativi ad Albona.
Che la nazionalità fosse una questione puramente culturale e spirituale era una delle convinzioni dello storico, di origini albonesi, Ernesto Sestan, della cui vita e opera ha parlato Giuseppe Trebbi, uno dei consiglieri della Deputazione, nella sua relazione “Sestan su Albona, tra fine ’800 al ’900”.
A chiudere il convegno è stato il suo collega Massimo Degrassi con la relazione “Arte e committenza pubblica negli anni Trenta: il caso di Arsia”, in cui il relatore triestino ha dato una rilettura del progetto urbanistico di Arsia, una delle città di fondazione, mettendo a fuoco il rapporto tra l’architettura e la scultura nel ventennio fascista.
I contributi del convegno albonese verrano raccolti e pubblicati negli Atti della Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia.

Tanja Škopac

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