di MARCO PREVE
UN BAMBINO di cinque anni arriva in Italia con la sua famiglia di profughi e racconta: «Alla stazione hanno sputato addosso a tanti miei connazionali, e un mio compagno di scuola mi ha detto: “voi venite qui a rubarci il pane”».
Potrebbe essere la testimonianza del figlio di uno dei tunisini sbarcati a Lampedusa, o di un rumeno o un albanese arrivati nel nostro paese un mese o un anno fa.
Invece, a rievocare ricordi di 65 anni prima come fosse vita dell’altro ieri, è un profugo particolare. Adriano Sansa, diventato uno dei magistrati più noti d’Italia, già sindaco di Genova in uno dei momenti più delicati della città, ed oggi presidente del Tribunale dei Minori, a cinque anni era un profugo in fuga con la sua famiglia dall’Istria.
Allora giudice, a Genova stanno per arrivare poche decine di persone e sembra la calata di un’orda.
«E’ vero, c’è un’amplificazione della questione surreale. Per affrontarla seriamente partiamo dai numeri delle persone che dovrebbero arrivare. Sono numeri assolutamente sostenibili da tutti noi, con un po’ di buona volontà».
Il sindaco Marta Vincenzi ha scritto ai suoi concittadini per invitarli a dare il meglio di loro.
«Ho letto ciò che ha scritto la sindaco e sottoscrivo interamente le sue parole. E’ un messaggio nobile che dice che la città ha una sua dignità e tradizione, e una sua attualità anche morale. Con queste caratteristiche possiamo affrontare senza problemi questa emergenza».
Lei è stato un profugo.
«Avevo cinque anni quando sono venuto via dall’Istria e ricordo benissimo tutto. Noi avevamo un vantaggio: stessa lingua e cultura dell’Italia. Ma arrivavamo da una tragedia spaventosa, perfino maggiore con le foibe e tutte le uccisioni. Avevamo bisogno di essere accolti e aiutati».
E’ così importante la differenza tra profughi e clandestini?
«La distinzione tra chi viene perché ha fame o per fuggire a sommovimenti politici mi sembra ipocrita e assai poco nobile. Vengono persone che rischiano la vita. Vengono perché non possono fare altro che sfuggire a situazioni di vita intollerabili. Abbiamo il dovere civile e morale di accoglierli».
Come presidente del Tribunale dei Minori lei sarà direttamente impegnato.
«Sì, arriveranno dei minorenni che sono a forte rischio. Alcuni sono bambini accompagnati dai genitori. Ma ce ne sono molti soli e quindi in grande difficoltà. Non nascondo che ci siano problemi per stabilire se sono davvero minori. Alcuni hanno alterato l’età per evitare di essere espulsi. Situazioni che vanno affrontate con pazienza e fermezza, ad esempio facendo gli esami necessari, ma all’interno diunacornice di civiltà e accoglienza».
Esponenti della Lega Nord dicono che per fermarli si potrebbe anche sparare.
«Quando noi arrivammo dall’Istria trovammo da una parte della popolazione forte ostilità. A Mestre fummo accolti con sputi e lasciati nei vagoni senza acqua da alcune fazioni comuniste fanatiche che ci accusavano di lasciare un paese socialista. Oggi alcuni sciagura ti fanno la stessa cosa con i tunisini. Li vogliono fuori dalle scatole, dicono “non spariamo per ora” e “perché non dovremmo sparargli”. E’ una ferocia che va contrastata. Anzi, alcune dichiarazioni sono di rilievo penale perché incitano alla violenza».
Anche a sinistra però, in zone rosse come Sampierdarena c’è chi i tunisini non li vuole.
«Non è questione di destra o sinistra, ma di affermazione dei testi fondamentali della costituzione e dei diritti dell’uomo, di coerenza morale e solidarietà umana. Se qualcuno fa troppe difficoltà vuol dire che fa enunciazioni astratte ma non è disposto a sostenere quei sacrifici che, comunque, vanno fatti per confermare in concreto le enunciazioni di principio generale. E a sinistra c’è questo rischio di fare dichiarazioni molto nobili ma poi… ».
Tutto così negativo?
«Per niente. Ci sono anche molti segni positivi. I minori che arrivano avranno un tutore, saranno accolti da un ente pubblico, dal volontariato. C’è molta gente disposta all’accoglienza, cattolici e laici. Fa più notizia lo sciagurato che parla di sparare, ma a Genova è assai più numerosa la popolazione disposta ad accogliere e aiutare. E’ la maggioranza silenziosa che non fa notizia».
Allora perché questo allarmismo?
«Intanto c’è una contraddizione di fondo. I dati Confindustria dicono che non c’è immigrazione sufficiente a coprire le esigenze di alcune attività di lavoro e rinnovamento manodopera. Allora, invece di respingerli, perché non pensare ad organizzare corsi di lingua e formazione. Penso che sia una drammatizzazione strumentale a fini politici ed elettorali, la demagogia di chi punta sull’estremismo e l’egoismo».
Il bambino profugo di 60 anni fa come se la cavò?
«Ho un ricordo vivo di quando siamo arrivati. Quel compagno che mi disse “voi ci rubate il pane”. E’ molto importante il modo in cui si viene accolti. Se si è rifiutati fin dall’infanzia laferita non si sana, ci si sente sempre stranieri. Se invece si è accolti si vive meglio e si diventa, socialmente, anche una persona più utile. Noi ce l’ab biamo fatta e accadrà, mi auguro, anche per i migranti di oggi».