“Mi rivolgo espressamente ai miei concittadini, in particolare a tutti coloro i quali in questo preciso momento della storia di Trieste si trovano a pagare un costo emotivo davanti ai cambiamenti generati dall'allargamento dell'Ue. Mi riferisco a chi ha sofferto in prima persona la sconfitta dell'Italia nella seconda guerra mondiale, avendo perso la casa e i propri averi a causa di un esodo forzato dall'Istria e dalla Dalmazia. È comprensibile che in molti di loro le recriminazioni per il torto subito, e non indennizzato da oltre mezzo secolo, disinneschino ogni entusiasmo di fronte alla caduta dei confini della Slovenia. «Che c'è da festeggiare – mi viene chiesto – quando nessuno ci ha equamente mai risarciti per i nostri beni perduti?» E' un quesito che sarebbe sbagliato catalogare come un anacronismo, aspettando magari che il tempo lentamente lo disinneschi. Si tratta invece di una voce che esige attenzione e rispetto. Lo stesso rispetto con il quale Trieste, anche nella sua componente più vicina al mondo degli esuli, ha recepito l'applicazione della legge per la tutela della minoranza slovena, che è avvenuta in un clima di assoluta pacificazione, senza alcuna deriva estremistica.
Un comportamento che merita un plauso, ma soprattutto che ci deve stimolare a impegnare lo Stato per la risoluzione dell'ultima vera questione del '900 di queste nostre terre: quella degli esuli. A rendere più autorevole questa richiesta contribuisce il valore aggiunto di una città consapevolmente riappacificata, dove le diffidenze del passato hanno lasciato il posto ad un'armonica convivenza.
Proprio per questi motivi ho inteso inviare una lettera al Presidente Napolitano, affinché assolva al suo ruolo di sensibilizzazione nei confronti del Parlamento per la risoluzione della causa dei beni abbandonati.
Detto questo, non mi voglio sottrarre dal rispondere alla domanda sul perché il sottoscritto parteciperà ai festeggiamenti il 21 dicembre, giorno della caduta dei confini. Vedete, come amministratore pubblico che ha il compito di delineare il futuro del territorio, ho un dovere nei confronti di tutti i cittadini. Soprattutto nei confronti di quelli più giovani, ovvero nei confronti di quelle ragazze e di quei ragazzi che hanno l'ambizione, o il sogno, di vivere un domani in una città dinamica, che offra loro un'occupazione di qualità, affinché al sacrificio dello studio sia conseguente un posto di lavoro adeguato, attraverso il quale costruirsi una famiglia e ricercare la felicità. Ma una Trieste viva e pulsante faticherebbe ad essere tale se conducesse oggi una politica di chiusura con la Slovenia, perché quest'atteggiamento priverebbe la città dell'interazione con il suo naturale entroterra, pregiudicando un percorso virtuoso finalizzato alla crescita economica e sociale.
La sintesi è che la Trieste del 2007 ha le potenzialità per ridiventare quel crocevia pulsante di merci e di idee che è già stata due secoli fa. Allo stesso tempo, pur vivendo con positività i cambiamenti storici dell'entrata in Schengen della Slovenia, e cogliendone le opportunità, non possiamo permettere che cadano nel vuoto le legittime richieste degli esuli allo Stato italiano. Solo perseguendo questa linea d'azione potremmo risolvere definitivamente i conti con il passato, dando anche un vero futuro di sviluppo alla nostra città”.
Roberto Dipiazza, Sindaco di Trieste