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Se la speranza di ricostruire è l’ultima a morire (La Voce del Popolo 25feb15)

 

Non ci sono parole per descrivere quello che le Comunità degli Italiani di Umago e Salvore hanno visto e provato sabato 21 febbraio entrando nel Centro Raccolta Profughi di Padriciano, alle spalle di Trieste. Il silenzio è una caratteristica dominante di quel luogo, come pure le pietre-targhe ricordo che si vedono non appena scesi dall’autobus. “Sono ritornato nel luogo che per un breve periodo è stata la mia casa”, scrive Giordano. “Orgogliosa di essere Istriana! Grazie nonni per il vostro coraggio e la vostra dignità”, firma Elisa, oppure “Io qui son nata”, scrive Claudia. Molte altre targhe introducono i “rimasti” umaghesi e salvorini al C.R.P., guidati dal professor Piero Delbello dell’I.R.C.I. di Trieste (Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata). Come ha spiegato quest’ultimo, “la triste storia del destino degli Istriani è come un mostro a tre teste: la prima è quella della morte, delle migliaia di morti, delle violenze, delle intimidazioni, delle sparizioni e degli infoibamenti; la seconda è quella dell’esodo, dello straziante abbandono della microproprietà, ma anche dell’abbandono della famiglia, degli amici, del suolo natìo e la terza testa è quella della vita nei campi profughi”.

 

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http://editfiume.com/lavoce/cultura/11894-se-la-speranza-di-ricostruire-l-ultima-a-morire

 

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