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Sergio Romano: slavi violenti perché italiani violenti (CorSera 21 feb)

Il Giorno della Memoria è passato, di fatto, sotto silenzio, ed è assurdo che sia la bandiera di una parte politica. Mi chiedo perché il ricordo delle vittime delle foibe e dell'esodo delle popolazioni istriane, giuliane e dalmate stia subendo una riduzione così grave e ingiusta. Il giorno della memoria appartiene a tutto il popolo italiano. In quei momenti drammatici il popolo italiano subì una pulizia etnica, fare memoria di questo è affermare con forza che il diritto dei popoli coincide con il diritto di vita di ogni persona

Gianni Mereghetti, gianni.mereghetti@ gmail.com

Nei giorni scorsi vi è è stata la giornata della Memoria ovvero sono state ricordate le vittime delle foibe istriane: un crimine orribile e imperdonabile. C’è connessione tra quei fatti e le altrettante atrocità perpetrate dall’esercito italiano, in particolare dagli arditi e dalle camicie nere, come peraltro dagli ustascia e dai nazisti, nei confronti delle popolazioni civili slave?

Daniele Angelini, danang51@virgilio.it

Cari lettori, a giudicare dalle lettere ricevute su questo argomento, le vostre rispecchiano fedelmente i due sentimenti prevalenti fra i lettori. Siamo divisi fra coloro che deplorano l’indifferenza per una grande tragedia nazionale e coloro che collocano il dramma delle foibe nel contesto di lotte in cui anche gli italiani hanno avuto pesanti responsabilità. A Daniele Angelini rispondo anzitutto che potrà approfondire l’argomento leggendo il libro postumo di Elio Apih, uno dei migliori storici giuliani della seconda metà del Novecento, pubblicato dalla Libreria Editrice Goriziana («Le foibe giuliane» a cura di Roberto Spazzali, Marina Cattaruzza, Orietta Mescarda Oblak). Vi troverà un esame molto distaccato e oggettivo del nesso, che certamente esiste, tra violenze slave e violenze italiane. Più recentemente il tema è stato trattato dal senatore Carlo Giovanardi nel corso di una cerimonia in Campidoglio per il Giorno della Memoria. Giovanardi è sottosegretario alla presidenza del Consiglio e la sua posizione, in quella circostanza, era quindi del governo. «È triste – ha detto Giovanardi—ma bisogna ricordare anche episodi come quelli del Villaggio di Podhum, nei pressi di Fiume, dove il 12 luglio del 1942 vennero fucilati circa 100 uomini adulti dai 18 ai 60 anni presunti fiancheggiatori della guerriglia, e la deportazione e successivo internamento del resto della popolazione, con la distruzione di parte del villaggio. Queste vicende, e l’opera di repressione ventennale degli slavi nel ventennio fascista in Istria e Dalmazia, fanno da retroterra alle atrocità commesse sugli italiani dopo l’8 settembre del 1943 quando in maniera estemporanea si consumarono ritorsioni e rappresaglie e si incominciò da parte degli slavi ad utilizzare le cavità carsiche dette foibe per precipitarvi avversari politici, possidenti, persone verso le quali consumare vendette per le più svariate ragioni». Il discorso di Giovanardi mi sembra giusto e coraggioso. Dobbiamo ricordare il dramma di coloro che dovettero abbandonare le loro terre. Ma non possiamo ignorare quali responsabilità abbia in quelle vicende l’odio alimentato dagli opposti nazionalismi e dalle opposte ideologie. Temo che i «Giorni della Memoria», caro Mereghetti, abbiano il paradossale effetto di prolungare nel tempo, anche se in altre forme, quelle contrapposizioni. Sono stati istituiti per rendere omaggio alle vittime ed evitare che il loro sacrificio venisse dimenticato. Ma sono vissuti con sentimenti di frustrazione da chi non si sente sufficientemente ricordato e contribuiscono a mantenere in vita le trincee e le barriere del passato.

Sergio Romano

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