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Slavi contro Italiani: Trieste ancora divide? (Avvenire 07 lug)

di Paolo Simoncelli

Se oggi c’è un futuro che galoppa affaticato dietro ad un passato nazionalistico senza riuscire a sorpassarlo, è evidente che il senso di appartenenza europeistica è pura retorica. Ne parliamo a proposito della lodevole iniziativa di Riccardo Muti ('Le vie dell’amicizia') di dirigere un’orchestra di elementi italiani, croati e sloveni a Trieste, in piazza Unità il 13 luglio prossimo alla presenza dei tre capi di Stato, Napolitano, Josipovic e Türk.

Fatalità, il 13 luglio è un anniversario particolare e il presidente sloveno Türk, pressato dalla locale stampa nazionalista, vuole una visita di ricordo all’Hotel Balkan dove il 13 luglio 1920 occorsero incidenti con morti; un desiderio dai contorni polemici. Vediamo: da tempo le popolazioni italiane della Dalmazia erano vessate e aggredite da elementi slavi, tagliate le viti e devastate le campagne di proprietari italiani, assassinati a Sebenico il comandante della nave 'Puglia', Tommaso Gulli e il motorista Aldo Rossi.

D’Annunzio a Fiume è assediato da truppe regolari e dalla flotta italiana. A Trieste, quelle notizie provocano una manifestazione di piazza sotto l’Hotel Balkan che è la sede delle organizzazioni jugoslaviste. Malgrado un cordone di truppe per arginare la folla, il Balkan viene assaltato; muore uno dei manifestanti, il tenente Luigi Casciana, colpito da una bomba; per sfuggire dall’edificio incendiato muore un medico di Lubiana; poco prima era morto accoltellato un cameriere italiano; nell’hotel si sentono boati, si pensa ad esplosivi nascostivi. Non meraviglia il saccheggio della storia dei vinti (e noi lo siamo) né dunque la sua distorsione a fini oggi pretestuosamente diplomatici, come già occorso nel caso della medaglia d’oro all’ultimo gonfalone italiano di Zara, decretata da Ciampi il 21 settembre 2001 e mai conferita per le proteste croate. A proposito: un anno fa sono state edite a Fiume le memorie del primo ambasciatore croato a Roma, Drago Kraljevic, che ricorda questo episodio in modo clamoroso: ambasciatori dell’Unione europea gli avrebbero espresso preoccupazioni per quell’inaudito atto italiano, considerato un attacco non solo alla Croazia ma all’Occidente! (silenzio dallo staff degli allora consiglieri presidenziali). E Kraljevic prosegue polemicamente con la storia dell’esodo dei croati da Zara dal 1910 al 1920, ma dimenticando che erano molto più ampi i confini comunali austro-ungarici della città rispetto a quelli italiani, e che di mezzo c’era stata una cosuccia da niente come la Grande guerra con qualche possibile decremento demografico.

Torniamo al concerto: il presidente Napolitano sarà a Trieste, visiterà il Balkan ma opportunamente anche il monumento al (vero) Esodo degli istriani, giuliani e dalmati, mentre non si sa a questo punto se Muti confermerà la disponibilità ad accompagnare gli ospiti alla simbolica visita al Balkan (così 'La voce del popolo' di Fiume del 28 giugno). Concludendo un ineffabile cerimoniale che ha visto politici e diplomatici occuparsi distorsivamente di storia e artisti di diplomazia.

Con la memoria storica, anziché sedimentata verticalmente, disposta orizzontalmente, come su un bancone di mercato, con date ed eventi alla portata di tutti (e di ogni polemica).

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