LUBIANA Con un raduno simbolico nella centralissima Piazza Preseren di Lubiana – presenti poche decine di persone – l'Associazione dei «cancellati» ha ricordato ieri l'anniversario del provvedimento amministrativo che li ha privato del diritto di residenza in Slovenia. Il 26 febbraio del 1992, ricordiamo, il ministero sloveno dell'Interno aveva predisposto la cancellazione, dall'Albo dei residenti, di tutte quelle persone – poco più di 25.000 – che erano nate nelle altre repubbliche ex jugoslave e che fino a quella data non avevano né chiesto la cittadinanza del nuovo stato indipendente, né avevano regolato lo status in Slovenia come «stranieri». Diciassette anni dopo, nonostante le sentenze della Corte costituzionale slovena che ha definito illegale quel provvedimento, i «cancellati», vittime di quella che da molti è stata definita un'autentica «pulizia etnica amministrativa» sono ancora in attesa di giustizia. Oggi, i «cancellati» chiedono il «diritto di tornare nelle proprie case», ha spiegato ai giornalisti Alexandar Todorovic, presidente della loro associazione. La richiesta riguarda in particolare le circa dodicimila persone che hanno lasciato la Slovenia in quegli anni e che in seguito alla «cancellazione» non sono potuti più rientrare. I «cancellati» sono inoltre ancora in attesa del riconoscimento retroattivo della residenza, alla quale erano vincolati tutta una serie di altri diritti, come per esempio quello all'assistenza sanitaria gratuita o al lavoro a tempo indeterminato. Todorovic ha voluto ricordare infine le 1.300 persone che nel frattempo sono morte e nei cui confronto il torto non potrà mai essere riparato. Nell'anniversario della «cancellazione» si è fatta sentire anche l'ombudsman slovena Zdenka Cebasek Travnik.
Oltre a rimediare a quell'ingiustizia, ha sottolineato la tutrice dei diritti umani in un comunicato stampa, è importante che vengano individuati i responsabili di quel provvedimento amministrativo. Nei giorni scorsi in Slovenia è riesplosa la polemica sui «cancellati» dopo che il nuovo governo, così come aveva promesso nel corso della campagna elettorale, ha cominciato a rilasciare le delibere sul riconoscimento retroattivo della residenza in Slovenia ai primi tremila «cancellati». L'annuncio è stato fatto dal ministro dell'Interno Katarina Kresal, nei cui confronti l'opposizione, con in testa il Partito democratico, ha già annunciato una mozione di sfiducia. La Kresal, questa la tesi dei suoi avversari, non rispetta gli esiti del referendum con il quale l'elettorato, alcuni anni fa, aveva bocciato la legge che consentiva la restituzione dello status di residenti a queste persone. Per l'opposizione, si creano inoltre le condizioni per la richiesta di indennizzi, che potrebbero rilvelarsi insostenibili per le casse dello Stato, specie in un momento di crisi come questo. La Kresal ha dichiarato di essere tranquilla, visto che sta soltanto attuando le sentenze della Corte costituzionale, e dunque rispetta l'ordinamento giuridico sloveno. Su questi ultimi sviluppi del «caso cancellati» e sul riconoscimento retroattivo delle residenze a coloro che l'hanno persoa nel 1992 si è pronunciato nei giorni scorsi anche l'ex presidente della repubblica Milan Kucan. «Era ora – ha commentato Kucan – che lo stato ovviasse a quella vergogna». Per la questione dei «cancellati», la Slovenia era stata in diverse occasioni ammonita anche a livello internazionale da parte di istituzioni che si occupano di tutela dei diritti umani.