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Sono 14 le sedi consolari in bilico (Voce del Popolo 30lug13)

La Farnesina ha varato un piano di “riorientamento” della rete diplomatico-consolare italiana nel mondo. In questo ambito è stata annunciata la chiusura di 14 sedi consolari italiane all’estero (Sion, Neuchatel, Wettingen, Tolosa, Alessandria, Scutari, Spalato, Mons, Timisoara, Newark, Adelaide, Brisbane, Capodistria e Amsterdam). Vengono prese di mira, dunque, anche due sedi situate l’una in Slovenia, l’altra in Croazia, ovvero il consolato generale d’Italia a Capodistria e il consolato d’Italia a Spalato. Sono due sedi di riferimento importanti per la comunità nazionale italiana, rispettivamente nel Capodistiano e in Dalmazia. Se tutto andrà secondo quanto stabilito, le due strutture consolari dovrebbero chiudere i battenti il 1.mo dicembre prossimo.

Non è la prima volta comunque che si parla della chiusura del Consolato generale d’Italia a Capodistria e del consolato d’Italia a Spalato. L’iniziativa tesa alla smobilitazione di queste due sedi era stata già inserita nel piano di ristrutturazione della rete consolare italiana decisa dal governo di Roma nel 2009. Allora era stato sottolineato che la chiusura dei due consolati (salvaguardando comunque i servizi di prossimità, anche tramite corrispondenze consolari) era dovuta a esigenze di bilancio. Poi, in seguito anche alla preoccupazione espressa dalla Comunità nazionale italiana, l’iniziativa si era arenata. Naturalmente a protestare erano stati anche gli esponenti degli italiani nel mondo, in apprensione per la paventata chiusura di altre sedi sparse nei vari continenti.

E le reazioni nel mondo non si sono fatte attendere nemmeno questa volta. “In piena campagna elettorale lo stesso Ufficio risorse e innovazione del Ministero degli Affari Esteri aveva ricordato il piano di chiusure consolari. Un piano che dopo rafforzamento e razionalizzazione oggi assume il nome di riorientamento. Non possiamo nasconderci le preoccupazioni”, ha dichiarato Marco Fedi, deputato Pd eletto in Australia, evidenziando che “l’Italia ha oggi più che mai bisogno di una rete efficiente che garantisca i servizi ai connazionali nel mondo”.

“Prosegue l’opera di smantellamento dei consolati italiani all’estero. Gli italiani all’estero vengono lasciati più soli”, ha asserito il senatore Fausto Longo (PSI).

Sulla vicenda interviene pure il Coordinamento Esteri CONFSAL UNSA, che in una nota esprime tutto il suo disappunto per le notizie sul “riorientamento” della rete diplomatico-consolare annunciate il 26 luglio scorso dai vertici della Farnesina durante una riunione informativa con i sindacati. E il senatore del Pd, Francesco Giacobbe, ha annunciato che della chiusura dei consolati si parlerà oggi in occasione della riunione del Comitato per le questioni degli italiani all’estero del Senato.

Tornando al territorio d’insediamento storico della CNI, va sottolineato che quello di Capodistria per gli italiani dell’Istria e del Quarnero è sempre stato più di un semplice consolato. Infatti prima dell’apertura del Consolato generale d’Italia a Fiume, e poi a Spalato – dunque prima dell’indipendenza di Slovenia e Croazia – il Consolato generale d’Italia a Capodistria era un riferimento per tutta la Comunità nazionale italiana: a Capodistria, ad esempio, si regolavano i documenti per studiare in Italia, per ottenere la cittadinanza, e durante la guerra nell’ex Jugoslavia, nei primi anni ’90, anche per ottenere i permessi di soggiorno straordinari previsti dall’allora legge Boniver, che permetteva ai cittadini croati di nazionalità italiana di trasferirsi in Italia con più facilità.

Il Consolato d’Italia a Spalato, invece, è stato istituito formalmente nel 1998, ma ha ereditato la circoscrizione territoriale già attribuita al viceconsolato operante fino a quel momento nel capoluogo dalmata. L’elevazione a consolato della sede spalatina, chiaramente, era stata anche un segnale importante di incoraggiamento per la minoranza italiana in Dalmazia, che negli anni Novanta si era riorganizzata, uscendo allo scoperto dopo il periodo buio dei decenni successivi alla fine della Seconda guerra mondiale.

Dario Saftich
la Voce del Popolo 30 luglio 2013

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