Dopo Berlino, Gorizia era il simbolo più immediato delle divisioni arrecate dalla Seconda guerra mondiale e dalla Guerra fredda nel cuore dell’Europa. Nonostante la politica ondivaga di Tito tra blocco comunista e mondo capitalista e la politica del “confine più aperto d’Europa”, a partire dalla “domenica delle scope”, quel muretto che attraversava Piazza della Transalpina simboleggiava una separazione, una cicatrice nel corpo di una città di frontiera. I grattacieli del socialismo reale che definivano la skyline di Nova Gorica poco avevano a che fare con le architetture mitteleuropee e razionaliste di Gorizia, ma il continuum urbanistico tra le due città era indiscutibile.
I goriziani nell’estate 1991 videro a pochi metri di distanza dalle proprie case i combattimenti che portarono alla ritirata dell’Armata federale jugoslava dalla Slovenia che aveva dichiarato l’indipendenza, mentre nel 2004 assistettero ai festeggiamenti per l’entrata della vicina Repubblica nell’Unione Europea. Proprio la cornice istituzionale di Bruxelles ha portato alla costituzione di un GECT (Gruppo Europeo di Cooperazione Transfrontaliera) tra i più virtuosi d’Europa. La scelta di Nova Gorica di candidarsi a Capitale Europea della Cultura per il 2025 (anno in cui tale designazione spetta alla Slovenia) in tandem con Gorizia ha certificato non solo una condivisione sempre più stretta di servizi e di iniziative tra le due amministrazioni comunali, ma anche la piena ricezione dello spirito europeo che informa le politiche comunitarie.
Nella giornata di ieri il nuovo incontro tra il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed il suo omologo sloveno Borut Pahor a Gorizia proprio per avviare ufficialmente la preparazione dell’evento Capitale Europea della Cultura 2025 ha ulteriormente consolidato il buon vicinato e la comune visione per il futuro (con particolare riferimento all’allargamento dell’Ue nei Balcani occidentali). Un clima disteso e di collaborazione che vogliamo auspicare che sia propedeutico alla soluzione di questioni di interesse nazionale italiano rimaste ancora aperte che Lubiana ha ereditato dalla Jugoslavia comunista: in primis il risarcimento dei beni abbandonati dagli esuli nella ex Zona B del mai costituito Territorio Libero di Trieste.
Lorenzo Salimbeni