Premetto che il Comitato provinciale di Milano dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, da parecchi mesi, ha stabilito con l’ANPC (Associazione Nazionale Partigiani Cristiani) un rapporto di collaborazione, basato sulla dichiarata volontà delle parti di approfondire le tematiche che stanno a cuore ad ambedue. Tale collaborazione si è sviluppata a livello personale, attraverso la partecipazione a momenti di aggregazione dedicati a discutere temi specifici e conoscendo così gli esperti chiamati a dissertare sui singoli argomenti.
Con questo avvicinamento si è scoperta un’affinità fra le due associazioni. Infatti l’ANPC ricorda l’impegno ed il sacrificio dei partigiani cristiani nella lotta di liberazione, evidenziando le medaglie d’oro assegnate, gli episodi di altruismo cui han dato origine, la fede cristiana cattolica che ha sempre contrassegnato il loro operato: la stessa fede che gli esuli hanno dimostrato con la loro decisione di abbandonare ogni avere ed ogni affetto per poter unirsi alla madrepatria in un abbraccio di idioma, cultura, costumi e sentimenti comuni. Così noi, esuli dalle terre dell’Adriatico Orientale, ci siamo sentiti vicini, nelle motivazioni, agli eroi che hanno fatto sì che l’Italia si riscattasse dalle decisioni sbagliate intraprese dal governo fascista, attraverso il movimento resistenziale italiano.
Quindi i partigiani cristiani e gli esuli giuliano dalmati, pur trovandosi in due situazioni diverse alla fine del secondo conflitto mondiale, sono stati ispirati da ideali simili, tanto da poter essere accomunati in un’unica categoria, di eroi combattenti per la patria, opinione espressa in maniera molto decisa dalla Presidente Maria Pia Garavaglia di ANPC.
Ritornando alle nostre conferenze, ed alle motivazioni che le originano, gli stessi motivi che ci inducono ad approfondire aspetti poco conosciuti della storia del Confine Orientale ci inducono a rivolgerci alla storia dei partigiani cristiani, il cui apporto è stato così decisivo sulle sorti del conflitto: il loro contributo raramente viene considerato nella narrazione del fenomeno resistenziale, almeno a livello di comune narrazione pubblica.
In merito alla strage di Porzus, Giorgio Volpetti, Presidente dell’Associazione Osoppo Friuli, ha ricordato nella sua trattazione che ben 11.000 erano gli Osovani nel Friuli, come risulta dal loro censimento effettuato immediatamente dopo la conclusione del conflitto. Dobbiamo essere loro riconoscenti, in quanto operavano a contenimento delle milizie del IX Corpus sloveno, il cui non tanto tacito intendimento era di occupare il territorio fino al Tagliamento. Sono notizie in parte inattese, che denotano l’impegno assunto da militari e civili dopo l’8 settembre, che si sono battuti contro la morte della patria.
Di simili episodi è ricca la nostra storia patria. Si è anche accennato al ruolo svolto dai religiosi nella lotta di liberazione, in particolare al Cappellano Militare Don Aldo Moretti ed all’arcivescovo Giuseppe Nogara. Don Aldo Moretti è stato uno dei fondatori delle Brigate Osoppo ed ha partecipato al processo del 1953 contro i gappisti responsabili dell’eccidio di Porzus, svelando come effettivamente si erano svolti i fatti. È stato insignito, vivente, di una medaglia d’oro al valor militare. L’arcivescovo di Udine, Monsignor Giuseppe Nogara, ha contribuito in maniera essenziale alla nomina di numerosi cappellani militari e si è adoperato, agendo sulle parrocchie e sul mondo ecclesiastico, per appoggiare l’organizzazione osovana nel Friuli Orientale.
In tutta la lotta di liberazione l’apporto del mondo ecclesiastico è stato sostanziale, costituendo uno dei pilastri dell’attività dei partigiani cristiani.
Claudio Fragiacomo
Consigliere ANVGD Milano