A Pola è stata lunga e densa lo scorso 18 agosto la mattinata di cerimonie in memoria delle Vittime della strage di Vergarolla.
Era una domenica come 67 anni fa.
Alle 9 nel duomo cittadino mons. Desiderio Staver ha celebrato una messa solenne magnificamente allietata dal coro misto “Lino Mariani”. Nella prima fase abbiamo contato 187 partecipanti più 36 coristi: 223 in tutto. Oltre ai vertici del Libero Comune di Pola in Esilio e a diversi “rimasti”, c’erano l’on. Furio Radin, presidente dell’Unione Italiana, Giuseppina Rajko, vice-presidente della Regione Istriana, e Silvana Wruss, presidente della sezione polese della Società “Dante Alighieri”. Il sacerdote ha pregato per «i fratelli e le sorelle vittime della strage di Vergarolla», esortato l’umanità a non ripetere «il tragico rifiuto della verità e della grazia» ed invitato alla radicalità cristiana, alla chiarezza nelle scelte e alla coerenza, evitando però di scivolare sia nel fanatismo che nell’estremismo. «La nostra missione – ha osservato – è vivere secondo Cristo, senza conformarci alla mentalità di questo secolo. La ricompensa sarà la vita eterna».
Al termine della funzione religiosa il connazionale Roberto Hapacher Barissa, neo-socio del Libero Comune di Pola in Esilio, ha letto la sua toccante poesia intitolata 18 agosto 1946: Piangeva il bimbo senza la madre,/ il fratello e l’eroico padre/ che perse i figli (!), ma continuò a salvarne altri,/ pianse forse anche il Giuda traditore/ se aveva un po’ di cuore,/ impazziva il bianco gabbiano spuntando dal fumo nero,/ e qualcuno ebbe il coraggio di dire che non era vero./ Pola cadde in ginocchio sotto il sole!/ Oh Vergarolla, spiaggia di sangue e di crude urla/ che echeggiano nell’aria spinta dal vento/ Là dove erano in cento o più!/ Vergarolla, sei la tomba eterna dell’anima nostra,/ Vergarolla il mare ti bagna,/ ma nemmeno lui può farlo più delle nostre lacrime. Il coro “Mariani” ha infine eseguito il Va, pensiero accompagnato dal pubblico.
In contemporanea una delegazione della Comunità degli Italiani di Pola deponeva nel cimitero di Monte Ghiro una corona presso la tomba della famiglia Saccon, dove sono sepolte 26 persone che persero la vita in quel fatale 18 agosto 1946. Poco dopo ha fatto altrettanto una delegazione dell’LCPE insieme a Furio Radin e a Livio Dorigo, presidente del Circolo “Istria”. Il gruppo ha quindi celermente raggiunto la riva antistante la Capitaneria di Porto, dove ad attenderlo c’era il battello Ulika, sul quale già si erano imbarcati altri partecipanti alle cerimonie e che è subito partito. Davanti alla spiaggia di Vergarolla, in un simbolico scambio di ruoli, Fabrizio Radin, vice-sindaco e presidente della CI di Pola, ha lanciato in mare la corona dell’LCPE, mentre Tullio Canevari, sindaco dell’LCPE, quella congiunta della Città e della CI di Pola. Ha presenziato anche Ardemio Zimolo, vice-presidente del Consiglio comunale. Tornata rapidamente a riva e scesa dal battello, la rappresentanza si è diretta alla volta del parco Vittime di Vergarolla per le allocuzioni ufficiali presso il cippo.
«Questa – ha spiegato Fabrizio Radin – è l’ultima stazione del percorso commemorativo per rendere omaggio alle Vittime dell’esplosione, che rimangono nei nostri cuori, ed è anche un luogo simbolo che accomuna esuli e rimasti. La tragedia di Vergarolla ha infatti avuto ripercussioni determinanti sia per coloro che hanno intrapreso la strada dell’esilio sia per coloro che sono rimasti sapendo di diventare una realtà minoritaria. Ora guardiamo con ottimismo al futuro».
Francesco Peroni, assessore della Regione Friuli Venezia Giulia, si è detto commosso di poter partecipare alla cerimonia in rappresentanza della presidente Debora Serracchiani. «La strage di Vergarolla – ha dichiarato – fu l’antesignana di quella che oggi consideriamo la peggiore manifestazione del terrorismo internazionale. Sia la memoria occasione e nuovo fondamento di fratellanza e comunanza nella riconciliazione e sia occasione di risurrezione collettiva e morale nello spirito di pace degli ideatori della Comunità Europea».
«Sono stato testimone – ha detto Livio Dorigo – di quei tragici giorni insieme a Lino Vivoda, che perse il fratellino. Pola era allora qualcosa di indescrivibile. All’interno delle stesse famiglie vi erano dissapori e anche di più. Ma ora invoco il sentimento della pace. Che il dolore si sublimi nella pace. E’ questo il messaggio che dobbiamo trarre dal cippo. Che questo messaggio accompagni voi, i vostri figli e i vostri nipoti».
«E’ la commozione – ha osservato Tullio Canevari – il sentimento che ci prende ogni qual volta siamo davanti a questo cippo, poiché sappiamo cosa significa. Alla commozione però si unisce il rammarico per la sua incompletezza. E’ stato importante averlo collocato, ma gli altri non sanno cosa significa e non è giusto che sia così. La Comunità degli Italiani ha già fatto un passo ufficiale affinché venga completato con i nomi e le età delle vittime riconosciute. Molte di queste erano bambini, che non manifestavano pro o contro qualcuno. Nel cammino di amicizia tra polesani rimasti e non più residenti, sarebbe questo un segno sia di esecrazione verso quanti hanno compiuto tale gesto sia di pietà verso le vittime».
Marco Salaris, incaricato d’affari dell’Ambasciata d’Italia a Zagabria, ha espresso a nome dell’ambasciatore Emanuela D’Alessandro «viva soddisfazione per questo clima positivo e costruttivo tra chi è rimasto e chi è partito». «Siamo – ha aggiunto – tutti italiani ed ora anche europei. Insieme facciamo in modo che queste vittime non vengano dimenticate».
E’ dispiaciuto vedere la foto del dott. Micheletti scheggiata in giugno da alcuni ragazzi che giocavano nel giardino e ai primi di agosto da un ubriaco passato di lì con la bici.
Alle allocuzioni è seguita la posa delle corone, disturbata da pochi smaniosi di protagonismo che hanno declamato slogan, aperto uno striscione rivendicante «Giustizia per i 20.000 italiani infoibati e uccisi in Istria, Fiume e Dalmazia» e fatto sventolare una bandiera italiana. Tra loro c’era Romano Cramer, segretario del Movimento Nazionale Istria Fiume Dalmazia. A calmare le acque ha contribuito un giovane trombettista connazionale dell’orchestra di fiati cittadina suonando il Silenzio. In seguito diversi partecipanti si sono recati nella sede della CI di Pola per un rinfresco.
Hanno comunicato la loro vicinanza a organizzatori e parenti delle vittime gli on. Sofia Amoddio, Tamara Blažina, Laura Garavini, Rosa Villecco Calipari e Giorgio Brandolin (PD) e il sen. Claudio Zin (Autonomie-PSI-MAIE).
L’on. Garavini ha inoltre inviato un saluto giudicando «deprecabile il fatto che in Italia praticamente ancor oggi non si conosca, o si sappia molto poco, di un dramma tanto grande che ha colpito duramente la comunità nazionale italiana a Pola poco dopo la fine della seconda guerra mondiale». «Sembra ormai molto verosimile – ha scritto – che la morte di così tanti innocenti, radunatisi a centinaia in occasione di un evento sportivo e conviviale, non sia stata una drammatica casualità, ma l’effetto di un atto di terrorismo criminale freddamente pianificato. Ciò ne fa la più grave strage di connazionali dal secondo dopoguerra. Anche se è troppo tardi per chiedere e rendere giustizia, come deputata eletta dai connazionali residenti nella circoscrizione Estero-Europa ritengo mio dovere fare il possibile affinché le circostanze della strage vengano ulteriormente approfondite e studiate, perché l’opinione pubblica italiana prenda finalmente coscienza dell’importanza di questa tragedia e per la tutela della memoria del tragico fatto nella propria storia nazionale. Propongo di discutere insieme la possibilità di promuovere nei prossimi mesi l’istituzione ufficiale di una commissione di storici indipendenti, incaricata di fare il punto sulle cause della strage, anche alla luce delle testimonianze dei superstiti e degli importanti documenti ritrovati negli archivi inglesi solo pochi anni fa. Mi preme, infine, ribadire e confermare il mio pieno appoggio alla Vostra preziosa attività, anche in vista di prossime Vostre future iniziative».
Rilevante anche il messaggio della presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani (PD). «La strage di Vergarolla, per le modalità subdole e indiscriminate con cui fu perpetrata, ma anche per la cortina di silenzio e di travisamenti che a lungo l’avvolse, è senz’altro – ha rilevato – uno degli episodi più cupi del secondo dopoguerra, paragonabile a pochi altri in Italia. Verso quei morti innocenti abbiamo ancora un debito morale, che possiamo tentare di estinguere soltanto con la pratica attiva della pietà e della condivisione del dolore. E’ tuttavia confortante verificare come il tempo, le generazioni, e soprattutto l’impegno delle donne e degli uomini raccolti nelle varie associazioni e comunità degli italiani rimasti e degli esuli abbiano saputo pervenire, giungendo da strade diverse, a questo fondamentale punto di umana comunione, che si riconosce nei morti e nell’onore che si rende loro. Pure non solo di dolore è fatta la storia di questa terra d’Istria, cui finalmente guardiamo come a una sorella ritrovata e ricongiunta nel grande abbraccio dell’Europa. Questo è un luogo di bellezza, d’ingegno e di tenacia, e per questo incitiamo e sosteniamo l’opera di coloro che qui vivono e lavorano, mantenendo vive le radici della lingua e delle tradizioni. Con lo stesso rispettoso impegno ci adoperiamo affinché abbiano giuste garanzie anche coloro che le radici ebbero strappate e videro troncata la possibilità di tramandare altro che non fosse la memoria». «La Regione Friuli Venezia Giulia ed io personalmente – ha concluso – rinnoviamo il cordoglio ai parenti delle vittime della strage di Vergarolla e auguriamo che sempre più forte si manifesti la volontà di concordia e di rinascita nel giusto ricordo».
Un apprezzabile messaggio è giunto pure dal sen. Lucio Toth, presidente onorario dell’ANVGD. «Noi tutti – ha scritto – ricordiamo e onoriamo, con affetto e dolore, le stragi delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema, di Portella della Ginestra, di Marcinelle, di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia, di Ustica e della Stazione di Bologna. Ma di questi morti di Pola – città ancora italiana in quell’agosto 1946, città appartenente alla Repubblica Italiana nata da due mesi, quantunque occupata dal governo provvisorio alleato, come all’epoca l’Italia intera liberata l’anno prima – non si parla, perché furono vittime dei servizi segreti di Tito (OZNA) che fecero brillare le mine navali lasciate tra spiaggia e pineta, disinnescate dagli alleati e quindi inoffensive. Ma qualcuno il mattino del 18 agosto innescò un congegno esplosivo a distanza e le trasformò in micidiali strumenti di morte. Era un’operazione terroristica per intimidire la popolazione, che nella primavera successiva abbandonò la città con un esodo del 90%. L’Italia di oggi di questi italiani non ricorda niente, né con affetto né con dolore o indignazione. Meno italiani di altri! Meno morti di altri!».
La Comunità Croata di Trieste ci aveva annunciato, riferendosi alle «povere vittime della strage di Vergarolla», che sarebbe stata presente «con il pensiero e la preghiera». «Sarò con voi con il mio cuore» ci aveva comunicato la sera prima l’empatico cantautore e attore romano Simone Cristicchi.
Anche a Trieste si sono svolte il 18 agosto cerimonie analoghe promosse dalla Federazione Grigioverde (che riunisce le associazioni combattentistiche e d’arma della provincia) e dalla Famiglia Polesana (aderente all’Unione degli Istriani).
La mattina si è reso omaggio in piazzale Rosmini al monumento al dottor Geppino Micheletti e alle 19 al grande cippo onorario sul colle di San Giusto, dove era presente il sindaco di Trieste e una delegazione dell’LCPE con il proprio labaro. Romano Manzutto ha scandito i nomi e le età delle 64 Vittime identificate. Don Roberto Gherbaz, esule da Lussinpiccolo, ha recitato una preghiera, dopodiché il gen. Riccardo Basile, presidente sia della Federazione Grigioverde sia della Famiglia Polesana, ha tenuto un’intensa allocuzione. «Tutti – ha affermato – sapevano in quali ambienti dovesse essere cercato l’assassino! Le Autorità convennero subito sull’ipotesi dell’attentato ma… resero presto noto di non aver trovato colpevoli, insabbiarono le ricerche e archiviarono il caso. Mentirono! Il novello Erode, spietato uccisore di bambini, e con lui i suoi complici, era stato identificato fin dai primi giorni, come pure i mandanti della strage! Ma l’ordine di scuderia, ai più alti livelli, era di tacere! Per anni, dell’eccidio di Vergarolla era meglio non parlare. Era un argomento “scomodo”, al di là, ma anche al di qua, del confine!». «Sono ormai di dominio pubblico – ha aggiunto – le generalità degli assassini, gli scopi dell’attentato e le responsabilità dei mandanti, ma la cosa pare che riguardi solo gli Esuli! In troppi ancora, specie in alto loco, fanno finta di non sapere! Vorremmo, all’ombra del Tricolore – perché, non dimentichiamolo, è per colpa della loro Italianità che sono stati trucidati quei Polesani – udire non solo lodevoli parole di auspicio ad un comune futuro di Pace e di Progresso, ma anche schiette espressioni di condanna per gli assassini e la perversa ideologia animatrice. Ancora una volta siamo qui a invocare Verità e Giustizia».
E’ seguito l’ammainabandiera al canto dell’Inno di Mameli.
Paolo Radivo su “L’Arena di Pola” 31 agosto 2013
Un momnento della funzione religiosa nel Duomo di Pola (foto “L’Arena di Pola”)