di MAURO MANZIN
TRIESTE Sventato dalla polizia slovena un attentato al primo ministro, Borut Pahor. L’attentatore, finito in manette, ha dichiarato: «Volevo risolvere il contenzioso sui confini tra Slovenia e Croazia».
Dunque, quella che finora è stata solo una «battaglia diplomatica» ha rischiato di trasformarsi in una tragica parentesi di guerra. Venerdì sera è stato intercettato al confine ferroviario croato-sloveno di Dobova, alle 18.53, un 57enne croato (le generalità non sono state rese note), veterano dell’assedio di Vukovar, che aveva con se 5 bombe a mano. L’uomo era stato segnalato tramite il sistema di sicurezza di europeo.
Le autorità giudiziare tedesche gli avevano vietato l’ingresso nell’area Schengen. I poliziotti, fattolo scendere dallo scompartimento del treno Zagabria-Zurigo, lo hanno accompagnato nell’ufficio della polizia ferroviaria dove l’uomo ha dato in escandescenze e ha estratto le bombe a mano togliendo la linguetta di sicurezza da una di queste. Solo la prontezza di un agente che lo ha immobilizzato e ha fatto in modo che l’ordigno cadesse sul pavimento, ha evitato una strage.
Il vice-direttore della polizia slovena, Janko Gorsek, ha confermato che il croato si accingeva a far esplodere le bombe a mano davanti ai principali palazzi governativi di Lubiana al passaggio di esponenti del governo. E tra questi, l’obiettivo più sensibile era proprio il premier, Borut Pahor. L’uomo ha anche detto che sullo stesso treno c’erano altre persone armate di bombe pronte a compiere la sua stessa azione. Intanto il convoglio ferroviario era già partito verso la capitale slovena. Appena giunto alla stazione di Lubiana è subito entrata in azione la polizia bloccando tutti sul treno. Ma fortunatamente i minuziosi controlli su tutti i 105 passeggeri del treno, effettuati nella stazione di Lubiana, hanno dato esito negativo, come confermato dallo stesso vice capo della polizia, Janko Gorsek.
L’uomo, come sostengono fonti croate, è un veterano dell’assedio di Vukovar (J.Z. le sue iniziali) che, infastidito dal veto sloveno all’ingresso della Croazia nell’Ue, ha deciso di risolvere il tutto con un attentato. Secondo altre fonti l’uomo sarebbe anche stato prigioniero nel campo di concentramento serbo di Stajicevo, sarebbe affetto da trauma mentale e per alcuni mesi è stato anche ricoverato in alcuni ospedali psichiatrici.
La polizia slovena ha spiegato che l’attentatore, alcuni anni fa, era già finito in carcere in Germania per aver tentato un agguato dello stesso tipo che si apprestava a compiere a Lubiana. Scontata la pena l’uomo era stato poi espulso in Croazia.
L’episodio è stato accolto con grande disappunto negli ambienti diplomatici europei i quali si rendono conto che la tensione tra Slovenia e Croazia sta raggiungendo livelli che potrebbero diventare incontrollabili.
Il premier Pahor, da parte sua, ha parlato di «un episodio isolato», ha affermato di non sentirsi minacciato e ha rassicurato gli sloveni che sono in vacanza in Croazia di non correre alcun pericolo e ha preannunciato un’onoreficenza al poliziotto che è riuscito a fermare l’attentatore dal suo folle proposito di fare esplodere una bomba a mano in stazione.
Il primo ministro croato, Jadranka Kosor, ha subito telefonato al collega sloveno, esprimendo tutta la sua solidarietà al premier Pahor, condannando altresì ogni forma di estremismo o di uso della forza. I due primi ministri hanno confermato che il contenzioso sui confini sarà risolto diplomaticamente e hanno preannunciato un incontro bilaterale entro i prossimi 10 giorni.
È altresì chiaro che lo sventato attentato dimostra come oramai la situazione tra Lubiana e Zagabria sia al calor bianco. La Slovenia, a livello europeo, si ritrova isolata visto che tutti gli altri 26 Paesi membri caldeggiano un quanto mai rapido ingresso di Zagabria nell’Ue, forti del principio che questioni bilaterali, come ha recentemente ribadito anche il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, non devono bloccare il più importante processo di adesione.