di ALEX PESSOTTO
NOVA GORICA La scrivania è estremamente ordinata ma, preseumibilmente, lo sarà ancora per poco. Dalla finestra si può scorgere un discreto panorama di Nova Gorica, specie composto da architetture basse e uniformi. Ancora, nello studio di Boris Kobal si nota un divano a tre posti e poco altro: 2-3 sedie nonché qualche quadro alle pareti. Triestino, dal lunedì, Kobal è il nuovo direttore artistico dello Slovensko narodno gledališce, il teatro nazionale sloveno di Nova Gorica.
Signor Kobal, può anticipare qualcosa riguardo il suo programma?
«Il Teatro di Nova Gorica, uno dei tre teatri nazionali sloveni accanto a quelli di Lubiana e Maribor, è diventato teatro nazionale per la sua funzione culturale in quella che costituiva una terra divisa da un muro, una terra con un riferimento storico molto forte. Quando la Slovenia è entrata in Europa e nell’area Schengen il teatro è stato assente, non ha partecipato con la sua funzione a questi cambiamenti. Io, invece, voglio tener conto della connotazione geopolitica del teatro, cui, peraltro, il teatro non può prescindere. E proprio tenendo conto di questa connotazione geopolitica farò in modo di collaborare con i teatri italiani ed europei».
Vuole dire che proporrete spettacoli in lingua italiana?
«Voglio dire che dobbiamo aprire al pubblico italiano le porte. Non faremo spettacoli in lingua italiana ma offriremo delle traduzioni con i display. Invece, faremo in modo di esportare le nostre produzioni anche all’estero proponendole nella lingua dei paesi che di volta in volta ci ospiteranno. Prendiamo Necropoli di Boris Pahor, mio insegnante al ginnasio: c’è di Necropli una versione teatrale fatta da Srecko Fišer che vorrei proporre in questo teatro e che vorrei esportare nei vari paesi che hanno tradotto Necropoli. Ma non la esporterei certo in lingua slovena…. Naturalmente ne dovremo parlare con Pahor. E lo stesso vale per Gomorra di cui c’è una riduzione teatrale di Saviano e Gelardi che ho scoperto a Berlino».
Quali differenze nota fra il mondo teatrale italiano e sloveno?
«Da quando ho memoria il teatro italiano è in crisi economica. Evidentemente, la politica è disinteressata a sostenerlo nonostante il suo enorme patrimonio. Ai festival che contano da anni non ci sono registi italiani, e, di conseguenza, attori. Certo, con il suo teatro mitteleuropeo Strehler era Strehler ma oggi i tempi sono cambiati. I soldi mancano anche in Slovenia ma la situazione credo sia diversa: ci sono numerosi teatri e la gente ci va come va ai concerti; in sostanza, quella slovena mi pare una realtà più attiva: tutti possono chiedere e ottenere finanziamenti, la politica sostiene i teatri e le piccole compagnie: lo dice uno che è di nazionalità slovena ma è pur sempre nato in Italia. Artisticamente sono nato al teatro Stabile sloveno di Trieste dove mio padre è stato attore per tanti anni ma da quel teatro me ne sono andato nel ’97 verso Lubiana, dove ora vivo, per incompatibilità con tutta la struttura del teatro».
Della gestione del suo predecessore Primož Beberl è tutto da cancellare?
«Ma certo che no! Sono stati fatti grandi passi in avanti, con notevoli partecipazioni a importanti festival, come al festival dei 2 mondi di Spoleto, ma in casa si è perso terreno né è stato dato modo a molti attori di lavorare come avrebbero potuto; in altre parole, si è favorita solo una parte degli attori della compagnia».
E per quanto riguarda le scelte di repertorio? Aprirete anche alla musica?
«Insisteremo sugli autori classici e contemporanei internazionali e sloveni. Inoltre, penso ad istituire un concorso avente per tema i concetti di “frontiera” e “muro”. Quanto alla musica ci devo pensare…».