SACILE – Attende inutilmente la tessera del tifoso per un anno intero, non la riceve e scrive al ministro degli interni Roberto Maroni. Ma non è stato il rifiuto della tessera a infastidire il richiedente, Leonardo Scannimanica, tifoso di lungo corso della Sacile. La squadra infatti è retrocessa in Lega D e il documento ora non è più necessario, né utile. Ciò che disturba Sciannimanica, tanto da indurlo a scrivere al ministro Maroni, sono le motivazioni del rifiuto: non risulta fra i nati nel Belpaese. In effetti ha avuto i natali il 29 dicembre 1932 a Pisino, vicino a Pola. Allora era Italia. Poi Jugoslavia e ora Croazia. Un’altra beffa per chi è stato costretto ad abbandonare la propria terra dopo la seconda guerra mondiale. Scacciati da casa nel quadro della pulizia etnica voluta da Tito in Istria, spesso mal sopportati anche nei paesi e nelle regioni nei quali si erano rifugiati, gli esuli di allora, evidentemente, non hanno ancora finito di subire torti.
«Ho inoltrato la richiesta – racconta Sciannimanica, che non manca mai una gara della Sacilese al XXV Aprile – il 20 agosto del 2010, come richiesto dalla relativa circolare del ministero degli Interni. Alla fine, dopo 12 mesi, hanno tagliato la testa al toro dichiarando che in base al comunicato della Lega Pro numero 481 del 4 agosto 2011, essendo retrocessa nuovamente in Lega D la Sacilese, gli uffici competenti non erano più autorizzati a rilasciare la tessera del tifoso per i supporter».
Ma lui non si è rassegnato per il trattamento ricevuto. «Ho scritto al ministro – incalza – per esternare il mio rammarico, constatando che hanno atteso un anno per poi negarmi la tessera, nonostante non abbia mai commesso reati di alcun genere, tantomeno sportivi. Inoltre ho fatto presente che sono nato in Italia e che non vorrei essere considerato oggi un croato. Nella lettera mi sono anche scusato – evidenzia – per lo sfogo. Purtroppo, nonostante siano state fatte leggi per restituire dignità agli esuli istriani, ancora oggi nascono disguidi da chi non le tiene in dovuta considerazione, creando ulteriori malumori in chi invece tali “disguidi” ancora subisce».
Dario Perosa