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Tito e la luna. La trama di un film-bufala (Il Piccolo 11 gen)

La teoria ha dell’incredibile e ha scosso i Balcani. E se ancora mancano prove concrete, merita comunque attenzione. Sarebbe stato anche grazie al contributo di Tito che l’America riuscì a spedire il primo uomo sulla Luna. La rivelazione è stata affidata al trailer di un documentario in lavorazione in Slovenia e che sarà presentato al pubblico nel 2013, con il titolo “Houston, abbiamo un problema!”. La breve sequenza video, postata ieri su YouTube, ha ricevuto all’inizio solo poche visualizzazioni, prima di essere ripresa dai media balcanici – senza troppe verifiche – scatenando la curiosità degli internauti.

 

Il video esordisce con il lancio di un missile, uno dei numerosi tentativi di esplorare il cosmo nel pieno della Guerra Fredda. «Quando conquistare lo spazio era una questione di supremazia politica, di tecnologia e di prestigio», recita la voce narrante. E gli Usa, che dovevano recuperare posizioni rispetto ai sovietici, avrebbero pensato di rivolgersi proprio alla Jugoslavia, «il terzo concorrente, seppur poco conosciuto, che stava sviluppando il proprio programma spaziale». Un programma basato sulle ricerche di un pioniere dello spazio, Herman Potocnik “Noordung”, nato a Pola e morto dimenticato e in povertà a Vienna nel 1929. Potocnik, autore de “Il problema della navigazione dello spazio”, ispirò le teorie di Wernher von Braun, lo scienziato che perfezionò la missilistica nella Germania nazista e fu poi uno dei padri del programma spaziale Usa. Presunti “papers” segreti di Potocnik, che contenevano «brillanti soluzioni tecniche», «permisero agli jugoslavi di progredire rapidamente» in laboratori di ricerca nella base aerea militare sotterranea di Zeljava, nome in codice “Objekat 505”, suggerisce il trailer.

 

Nel marzo del 1961, Tito avrebbe infine venduto a caro prezzo agli Usa il suo progetto spaziale. O almeno così ipotizzano i produttori del “docudrama”. «Il progetto è ancora in fase di pre-produzione, abbiamo ottenuto alcune informazioni e stiamo cercando persone che furono coinvolte nel programma spaziale e impiegate nella base. Ma non posso aggiungere molto altro rispetto al trailer, che sintetizza cosa sappiamo finora», risponde Ziga Virc, regista e coautore del film, alle richieste di chiarimenti. «Tuttavia riceviamo ogni giorno nuove notizie – aggiunge – per esempio che i servizi Usa nel ’45 penetrarono nell’appartamento di Potocnik a Vienna per cercare nuovi documenti che non riuscirono a trovare». Gli stessi documenti segreti che, secondo l’anticipazione, finirono invece in mano ai servizi segreti di Tito.

 

Anche sull’accordo Belgrado- Washington per vendere la tecnologia sviluppata in Jugoslavia, Virc non si sbilancia e non porta riscontri. Insomma, tante supposizioni, nessuna certezza. E, dunque, puzza di bruciato. «Ho guardato il video e sono piuttosto perplesso. Potocnik è una figura storica, meglio nota nell’astronautica con il cognome Noordung. Il suo contributo teorico è indiscutibile. Ma da lì a dire che la Jugoslavia aveva un programma spaziale segreto, il passo è molto lungo», risponde Paolo Attivissimo, giornalista informatico e il più autorevole “cacciatore di bufale” in Italia. «Nulla di quello che viene mostrato nel video è inedito: anche il “disco volante” che si vede al minuto 0:56 è il disegno, ben noto, di una stazione spaziale descritta da Noordung.

 

Il punto più sospetto è all’1:24, dove si vede il decollo di un velivolo simile allo Shuttle, ma ha l’aria di essere un effetto speciale, rivelato da un match-move fatto male e da altri dettagli tecnici», aggiunge Attivissimo. La disamina continua impietosa: «In vari punti gli spezzoni di cinegiornale hanno un angolo oscurato e sfocato per rimuoverne un logo: non è un approccio documentaristico professionale ed è abbastanza sospetto. Inoltre non si capisce perché Tito avrebbe voluto un programma spaziale. Quale vantaggio gli avrebbe dato? E da dove sarebbero partiti i voli? Queste cose richiedono grandi infrastrutture che non si possono nascondere. La storia non ha molto senso. O meglio, ha senso se si tratta di una burla alquanto sofisticata: un finto documentario sui viaggi spaziali come ce ne sono molti. O un pretesto per parlare della base 505 rendendola più interessante. Oppure un video di marketing virale».

 

Senza documenti inediti, vale per ora l’opinione di un commentatore su YouTube: «Suona pazzesco, ma tutto è possibile. Vediamo il film».

 

Stefano Giantin

“Il Piccolo” 11 gennaio 2012

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