LETTERE
Devo rispondere, solo per fornire alcune precisazioni, alle puntualizzazioni del prof. Rolf Wörsdörfer pubblicate il 9 aprile. Intanto voglio chiarire che non ho, purtroppo, davvero alcun motivo di vantarmi per aver invitato il prof. Wörsdörfer a Trieste nel 2002 in occasione del convegno internazionale svoltosi all'ex Hotel Balkan ad illustrare, per la prima volta a Trieste, questo il senso della mia asserita "primogenitura", la tragica vicenda dei Gottscheer.
La scelta del docente dell'università tecnica di Darmstadt, allora indicatomi dal recentemente scomparso prof. Karl Stuhlpfarrer, rispetto allo spinoso tema era stata comunque azzeccata, nonostante le perplessità dello stesso Wörsdörfer il quale, non essendosi mai occupato dei Gottscheer, come da lui riconosciuto in diverse corrispondenze di allora che conservo negli archivi di Palazzo Tonello, ha tenuto comunque una buona relazione, reperibile negli atti del convegno, che furono in seguito stampati e che gli interessati possono richiedere alla segreteria dell'associazione.
Per completezza e onestà verso i lettori, va precisato, oltre a quanto sottolineato nella segnalazione, che i Gottscheer dopo il loro trasferimento coatto nella bassa Stiria, non poterono più fari ritorno a casa, a differenza dei Sudtirolesi, solo per fare un piccolo esempio concreto, perché nel 1944 i famigerati e non ancora cancellati decreti dell'Avnoj li privarono dei diritti civili, stabilendone così espulsione. Ma non basta. Dopo la guerra ci pensò Tito ad impedire per sempre un potenziale ritorno dei Gottscheer nella loro terra: lo fece radendo al suolo i numerosi, secolari villaggi – chiese comprese – sopravvissuti alle distruzioni già operate durante la guerra, cancellandoli dalla faccia della terra.
Massimiliano Lacota, presidente dell'Unione degli Istriani