Il 18 agosto 1946 sulla spiaggia di Vergarolla a Pola furono uccise oltre 100 persone, di cui un quarto bambini. Facevano il bagno guardando una regata. Erano italiani, di cittadinanza, di nazionalità, di lingua dai tempi di Dante.
Italiani come gli altri, uomini e donne come gli altri, bambini come gli altri.
Noi tutti ricordiamo e onoriamo, con affetto e dolore, le stragi delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema, di Portella della Ginestra, di Marcinelle, di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia, di Ustica e della Stazione di Bologna.
Ma di questi morti di Pola – città ancora italiana in quell’agosto 1946, città appartenente alla Repubblica Italiana nata da due mesi, quantunque occupata dal governo provvisorio alleato, come all’epoca l’Italia intera liberata l’anno prima – di quei morti non si parla, perché furono vittime dei servizi segreti di Tito (OZNA) che fecero brillare le mine navali lasciate tra spiaggia e pineta, disinnescate dagli alleati e quindi inoffensive.
Ma qualcuno il mattino del 18 agosto innescò un congegno esplosivo a distanza e le trasformò in micidiali strumenti di morte. Era un’operazione terroristica per intimidire la popolazione, che nella primavera successiva abbandonò la città con un esodo del 90%.
Il numero delle vittime è incerto perché un gran numero di corpi fu dilaniata dalle esplosioni a catena. E i polesi nei mesi successivi dovettero pensare a sopravvivere e non potevano riconoscere i pezzi dei loro morti.
L’Italia di oggi di questi italiani non ricorda niente, né con affetto né con dolore o indignazione.
Meno italiani di altri! Meno morti di altri!
Roma, 18 agosto 2013
Lucio Toth, vicepresidente FederEsuli
Pola, l’area attigua al Duomo nella quale si trova il piccolo monumento a ricordo delle vittime della strage di Vergarolla (foto www.glasistre.hr)