La storia, purtroppo, la conosciamo. Subito dopo la fine della guerra, tra il maggio e il giugno 1945 (anche se tutto inizia già nel 1943), migliaia di italiani della Venezia Giulia, Istria e Dalmazia sono arrestati dall’esercito jugoslavo guidato dal dittatore comunista Josip Tito. Moltissimi sono uccisi con esecuzioni sommarie (le cifre più autentiche parlano di oltre 350mila) e i corpi gettati nelle foibe, le più famigerate e orrende fosse comuni mai esistite. Tanti altri, però, sono buttati vivi. Eccola, allora, la tragedia degli infoibati, altro capitolo tristissimo della nostra storia per troppo tempo sottaciuta. Riconosciuta ufficialmente soltanto nel 2004, quando l’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, istituisce il “giorno del ricordo”. Vuole ricordare anche la fondazione “Italia protagonista”, che sabato ha organizzato un evento/dibattito sulla tematica nei locali del Circolo Unione. […] Nell’Istria dell’epoca, infatti, strappata di punto in bianco al Belpaese con il trattato di Parigi del 1947 […] gli italiani erano perseguitati, costretti alla fuga […]. Ecco allora I martiri della Chiesa. Il martirologio Giuliano, il libro con cui Giuseppe Dicuonzo racconta quell’esperienza. Anche lui, nato a Pola nel 1944 e attuale referente per l’Italia meridionale dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, è stato un perseguitato ma è riuscito a sopravvivere. E non ha perso la memoria. […] Più di 1.700 le foibe registrate, dove chi doveva morire veniva gettato non prima di essere seviziato e spogliato senza alcuna pietà. Tra il 1943 e il 1954, le truppe comuniste di Tito ([…], hanno ucciso ben 39 sacerdoti soltanto per “Odium Fidei”. […].
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