Nel centenario della nascita Umago ricorda una delle grandi figlie dell’Istria, una professionista dall’innato talento nata a Pola in una famiglia di professori e musicisti.
Com’è possibile essere una delle più straordinarie attrici della storia del cinema, apparsa in più di cento film, amata e rispettata sia dai più grandi registi che dai colleghi attori e attrici, ed essere così poco conosciuta? Se riuscissimo a rispondere a questa domanda avremmo risolto il mistero di Alida Valli, una professionista dall’innato talento, una personalità forte dal carattere quietamente determinato, nonché donna di una bellezza vera e tangibile. Infatti è rimasto nella storia il suo famoso sguardo dagli occhi blu-lavanda, così sprecato ai tempi dei film in bianco e nero.
Una ragazza dalle nobili ascendenze
Il suo percorso inizia a Pola, passa per Milano ma si afferma a Roma, culmina, per certi versi, a Hollywood e si conclude nuovamente a Roma. Pur essendo nata a Pola il 31 maggio del 1921, Alida non può essere descritta come la classica ragazza istriana che ha fatto strada. Innanzitutto nasce bene: il suo vero nome è Alida Maria Laura Altenburger von Marckenstein-Frauenberg che da solo rivela le sue nobili ascendenze. Il padre Gino, professore di filosofia e critico musicale, appartiene a una nobile famiglia di origini tirolesi, mentre la madre Silvia Obrekar è pianista.
Pseudonimo scelto a caso
L’altisonante cognome diventerà ingombrante quando si tratterà di iniziare a recitare, per cui se ne libererà in modo alquanto inconsueto: aprendo a caso l’elenco telefonico e puntando il dito. La scelta dello pseudonimo Valli fu alquanto felice. Secondo quanto si dice nel mondo dello spettacolo, per avere più impatto un nuovo nome dovrebbe essere limitato a due sillabe. Regola alla quale sembrano essersi adattate varie star dell’epoca Sofia Loren (Scicolone), Virna Lisi (Pieralisi) e oltreoceano anche Norma Jeane Mortenson preferì diventare Marilyn Monroe. Solo Gina Lollobrigida rimase fedele all’esuberanza vocalica del suo nome (anche se per lei scelse il pubblico che la ribattezzò “la Lollo”).
Gli esordi e il periodo hollywoodiano
Precocissima e sicura della sua vocazione professionale, Alida a quattordici anni viene ammessa al Centro sperimentale di cinematografia e già l’anno dopo esordisce sul grande schermo, diventando ben presto protagonista di una serie di film “dei telefoni bianchi” tipici del periodo. Con l’avvicinarsi della guerra arrivano ruoli in cui ha modo di esprimere le sue notevoli doti e soprattutto la sua personale serietà, tanto da essere soprannominata “la fidanzata degli italiani”. Nel 1941 brilla in “Piccolo mondo antico” di Mario Soldati; l’anno dopo appare in “Stasera niente di nuovo” dove canta la celebre canzone “Ma l’amore no” (di Galdieri – D’Anzi), che diventa la canzone italiana di maggior successo e più trasmessa dalla radio italiana nell’ultimo biennio di guerra. Quando nel 1947 ritorna a lavorare con Mario Soldati in “Eugenia Grandet”, che le frutterà un Nastro d’argento, il suo successo viene notato anche all’estero e il grande produttore David O. Selznick la vuole a Hollywood, per farla diventare la “Bergman italiana”. Nella mecca del cinema, dove sarà conosciuta semplicemente come Valli, Alida rimane per tre anni appena, ma nel breve periodo lavora con autorevoli registi e attori: con Alfred Hitchcock e Gregory Peck ne “Il caso Paradine” (1947), con Frank Sinatra ne “Il miracolo delle campane” (1948) di Irving Pichel e soprattutto ne “Il terzo uomo” (1949), interpretato assieme a Joseph Cotten ed Orson Welles per la regia di Carol Reed.
Un’attrice poliglotta
Vale la pena notare un particolare poco evidenziato della carriera di Alida Valli e cioè la sua bravura a recitare sia in lingua inglese che in francese (che farà in seguito). L’inglese soprattutto è importante in quanto nei Paesi anglofoni non c’è la consuetudine del doppiare gli attori. Anzi, il ricorso al doppiaggio può avere effetti controproducenti per la propria carriera cinematografica. Però sin dal primo momento Alida ammalia il pubblico americano con il suo inglese perfetto insaporito da un leggerissimo accento che la fa sembrare ancora più affascinante.
Il ritorno in Italia
Però, nonostante il successo, l’attrice soffre per le costrizioni impostele dallo star system americano, che si arroga il totale controllo sugli artisti, e decide di rescindere il contratto anche a costo della esorbitante penale che dovrà pagare (si dice di oltre 300.000 dollari). Ma per la forte e indipendente Alida Valli la libertà non ha prezzo e nel 1951 è di nuovo in Italia dove inizia quella che sarà la stagione professionalmente più appagante per lei come artista. Le si spalancano le porte del cinema d’autore e, uno dopo l’altro, grandi e prestigiosi registi la vogliono nei loro film. Nel 1954 Luchino Visconti la immortala nel ruolo di Livia Serpieri nel suo “Senso”, mentre nel 1957 fa una tripletta sensazionale con “L’amore più bello” di Glauco Pellegrini “La grande strada azzurra” di Gillo Pontecorvo e “Il grido” di Michelangelo Antonioni.
Negli anni che seguiranno Alida Valli lavorerà fra gli altri anche con Pier Paolo Pasolini, Bernardo e Giuseppe Bertolucci, mentre negli anni ‘70-’80 si reinventerà diversa per una nuova generazione di sceneggiatori e registi. Marco Tullio Giordana la farà avvicinare all’ideologia extraparlamentare in “La caduta degli angeli ribelli”, il soggetto di Roberto Benigni le farà pronunciare salaci scurrilità in “Berlinguer ti voglio bene” e Dario Argento la coinvolgerà nei suoi horror “Suspiria” e “Inferno”. A questo già notevole curriculum vanno aggiunti i successi e le soddisfazioni dei palcoscenici teatrali su cui la Valli lavorò dal 1956 al 1995 e i molti premi ricevuti, tra cui un David di Donatello e un Leone d’oro alla carriera rispettivamente del 1991 e 1997.
Preferì l’anonimato
Rimane perciò insolvibile il mistero che grava sugli ultimi anni della sua vita. Anche se è accertato che Alida Valli è stata una grande attrice, ma mai una diva; dedita alla sua professione ma scevra da meschini tentativi di farsi riconoscere sempre e dovunque, anzi, preferendo spesso l’anonimato, rimane inspiegabile il suo lento declino economico al limite dell’indigenza, tanto che si troverà costretta a ricorrere alla legge Bacchelli per avere un vitalizio come artista in difficoltà.
Qui si desidera comunque sorvolare su questo fatto e, nel centenario della sua nascita, preferiamo ricordare e rendere omaggio a questa grande figlia di Pola per essere stata un’attrice di eccezionale talento e bravura nonché una donna di grande carisma, coerenza e dignità umana. In occasione della Settimana della lingua e della cultura italiana, il programma predisposto dal Consolato generale d’Italia a Fiume, dall’UI, dall’UPT, dalla CI “Fulvio Tomizza” di Umago, da Festum e dalla Città di Umago, dedica ampio spazio ad Alida Valli di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita.
Maura Favretto – 13/10/2021
Fonte: La Voce del Popolo