Sarà il primo debutto per il Museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata che, perfettamente ristrutturato, imbandierato e pronto, svetta ormai da mesi su via Torino col suo bel tinteggio rosa ma è ancora tutto vuoto all’interno. Dal 14 al 20 settembre ospiterà le manifestazioni del raduno mondiale dei dalmati. E Piero Delbello, il presidente dell’Irci che qui fra non molto trasferirà la propria sede con i 15 mila volumi della biblioteca e i preziosi archivi storici, sta ideando un primo assaggio di quella che diventerà l’esposizione definitiva.
«La decisione – dice – è nata solo pochi giorni fa, bisogna studiare un allestimento temporaneo che dia un primo profilo di quello che sarà il museo». Che è pronto e vuoto da tanto tempo «per problemi essenzialmente burocratici – aggiunge Delbello -, per il prolungarsi di pratiche e collaudi, con i rallentamenti dell’estate in mezzo». L’esposizione permanente è ancora tutta da disegnare e sarà un lavoro che impegnerà assieme all’Irci anche il Comune, che poi avrà questo nuovo fra i suoi «civici musei» dopo che l’Irci stesso ha promosso la ristrutturazione dell’ex Ufficio igiene chiuso da anni. Col finanziamento di Stato, Regione, Fondazione CRTrieste, Federazione degli esuli, Unione degli italiani di Fiume, il costo finale è stato di 5 milioni di euro. Tempi record di realizzazione, solo tre anni.
«Il raduno dalmata – prosegue Delbello – porterà una mostra di pittura con quadri dell’Ottocento e moderni, noi dobbiamo decidere quale impostazione dare alla nostra esposizione, ma certamente né ora né in via definitiva sarà solo un museo della memoria e dell’esodo, piuttosto un luogo di rappresentazione di un’intera cultura». Solo una piccola parte dell’immenso giacimento di masserizie conservate da anni in Porto troverà posto però fra le sale di via Torino. Una scelta non facile fra oggetti «dell’anima».
Così Delbello rilancia: «Non sarebbe male che anche nel futuro Porto vecchio possa restare una parte di questo materiale storico, il segno di un passaggio, di una conservazione che fa ormai parte dell’identità di trieste». Allo stesso scopo si ritiene di poter ottenere dalla Provincia, nuova proprietaria dopo gli accordi col Demanio, che all’ex Campo profughi di Padriciano resti allestito il Museo permanente che tanto ben illustra le condizioni degli esuli istriani. «Qui – dice Delbello – il simbolo della tragedia, al Museo la storia di una cultura e di una civiltà», (g. z.)