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Trieste-IRCI, Rolosen: il Comune faccia una proposta (bora.la 18giu13)

Riceviamo e pubblichiamo da Alessia Rosolen, consigliere comunale di Un’Altra Trieste

“E’ necessario, nel momento in cui si tratta di rivedere, dopo decine d’anni di inerzia, l’assetto complessivo delle Istituzioni culturali che le pubbliche amministrazioni hanno contribuito a creare e a sviluppare, immaginare un percorso che superi la contingenza, non solo economica ma soprattutto culturale, nella quale ci troviamo a discutere, in particolare per quanto riguarda il mondo legato alla cultura istriana, fiumana e dalmata, al momento dell’esodo e alla permanenza dei tratti culturali italiani nei territori perduti.

Pare necessario non solo immaginare quali siano i luoghi nei quali perpetuare la memoria o rivendicare la presenza degli Enti locali ma, diventa fondamentale trovare un filo conduttore che leghi gli interventi sia per quanto concerne chi è rimasto sia per quanto concerne chi ha scelto l’Italia e la nostra città quale patria di elezione.

Non si può pensare in alcun modo che un posto in un CdA, una partecipazione o una direzione scientifica, siano da sole sufficienti a trovare la quadra per rilanciare percorsi che sono prima di tutto culturali e di forte significato identitario atti a non disperdere quel patrimonio comune già pesantemente compromesso dagli eventi storici e le conseguenti pesantissime lacerazioni.

A questo proposito ritengo non solo stupida la scelta fatta dal Comune rispetto all’uscita dall’IRCI ma considero altrettanto pericoloso continuare a mantenere slegate le attività di varie associazioni che, finanziate con fondi pubblici, proseguono autonomamente nel cammino di ricostruzione storica e di conservazione sia della memoria che dei tratti culturali che ancora possono esistere sul territorio.

Un assessore comunale alla cultura ha l’obbligo di riunire anime, che nel corso degli anni si sono profondamente divise, all’interno di un unico progetto in cui, se il Comune vuole davvero essere fonte attiva e linfa vitale, si deve pensare alla costruzione di un tratto identificativo e unificante.

Vicino alle associazioni del mondo dell’esodo (che le si consideri da un punto di vista sociale o “politico”, nel senso genuino del termine, dall’ANVGD, all’Unione degli Istriani, alle Comunità Istriane, o da un punto di vista prettamente scientifico-culturale, vedi l’IRCI), mi permetto di aggiungere il ruolo marginale che gli Enti locali triestini nel corso degli anni hanno avuto anche nei confronti dell’Università Popolare. Politiche non sempre chiare e non sempre coerenti; iniziative molto spesso in conflitto e altrettanto spesso slegate che non hanno permesso nemmeno nel mondo dell’esodo di costruire quella conciliazione necessaria a ricostruire un tessuto geopolitico e culturale unico.

C’è una proposta che a mio avviso va fatta: non solo rivedere in toto (e questo spetterà alla giunta regionale) la dimensione dell’Università Popolare, ma, soprattutto, farla diventare, per quanto concerne la sua attività nei confronti dei rimasti, un punto di riferimento e di risposta anche per chi ha scelto la strada dell’esodo.

Un assessore alla cultura dovrebbe costruire un intervento (anche nei confronti della Provincia, della Regione e del Governo nazionale) complessivo e di coordinamento: c’è chi, come Piero Delbello, può essere contestualmente – per le esperienze maturate – referente di questa Amministrazione in un’ottica di coordinamento per un progetto veramente unitario di interazione fra enti diversi e pur sempre indirizzate ad un unico territorio, inteso come humus iniziale e congiungente fra sradicamento e permanenza.

È chiaro che un’identificazione che sia veramente identitaria, non può che passare attraverso il pieno riconoscimento reciproco dei torti subiti nel principio del superamento di ogni barriera sia essa di strascico ideologico o di interesse personale, mascherato in modo strumentale”.

da Bora.la 18 giugno 2013

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