di MARIO BLASONI
Istriano di nascita e gradese di adozione, il regista-attore Tullio Svettini è anche un po' friulano. Per affinità di pensiero, per amicizie e contatti di lavoro, per scelta di testi da adattare e rappresentare. Un friulano – così possiamo definirlo – ad honorem.
Uomo di palcoscenico, fondatore e direttore dell'associazione Grado Teatro, Svettini ha messo in scena un giovane Ippolito Nievo turista ante litteram sull'isola del sole; ha dato voce al dolore di Biagio Marin per l'assassinio di Pasolini; ha impersonato il fantasma di Attila che irride gli sfortunati cercatori del suo tesoro (da Grado ad Aquileia, da Marano a Udine). La sua amicizia con Luigi e Andreina Ciceri e, soprattutto, con Lelo Cjanton lo ha portato molto vicino alla Filologica, per la quale si è esibito in letture significative. Quando nell'80 il sodalizio friulano ha tenuto il congresso a Grado è riuscito a far inserire nel volume celebrativo («Con una telefonata a Ciceri») un bel richiamo al teatro gradese presente a Venezia con la commedia La regata. Non ha mai recitato ufficialmente in marilenghe (solo come regista ha messo in scena Il diàul a colors, di Lelo, a Sevegliano).
Con un'unica eccezione, l'inserimento dei versetti di Ermes di Colloredo (I vizi capitali) nel collage Nelle lagune venete.
Svettini è nato a Rovigno, ancora italiana, nel 1941. Papà Mario era impiegato nell'azienda comunale dell'acqua e gas ma faceva anche teatro («Da Pirandello all'operetta») con i salesiani e con l'Opera Dopolavoro. Tullio ha fatto le prime due elementari sotto il nuovo regime titino. «Già in seconda – ricorda – la pagella era bilingue. Imperava l'ateismo di Stato e a scuola ci facevano coprire le immagini sacre del sussidiario!». Ciò nonostante, è riuscito a fare prima comunione e cresima, grazie a monsignor Antonio Cibin, ultimo parroco italiano di Rovigno. Aveva 8 anni quando la famiglia (papà, mamma Eufemia Malusà, sarta, e il fratello minore Claudio, nato nel '43) ha lasciato l'Istria, come altre migliaia di italiani, abbandonando ogni cosa. Oltre all'abitazione avevano, in comproprietà, un vasto terreno agricolo a Polari, sul mare («Dove noi bambini andavamo a raccogliere gli ortaggi e a fare il bagno»).
Dopo una settimana di soggiorno al campo profughi udinese di via Pradamano («Ricordo quei cameroni enormi, divisi dalle coperte appese»), gli Svettini hanno scelto, quale destinazione, Grado. Come mai? «Soprattutto per le affinità storiche, oltre che geografiche, con la nostra Rovigno». Tullio ha fatto le medie nella vecchia sede di via Morosini e poi si è diplomato in ragioneria a Gorizia. Ha trovato subito lavoro all'Ufficio tributi del Comune, dove è rimasto per ben 40 anni, «dalla famigerata imposta di famiglia fino all'Ici», e negli ultimi 30 come capo. Ancora oggi ricorda, con stima e affetto, quello che è stato il suo maestro in materia di tributi, il compianto ragionier Walter Tallone, suo omologo al Comune di Udine, uomo di grande umanità (lo chiamavano, parafrasando Pascoli, «il tassator cortese») dal quale si recava «per consigli e ragguagli».
Ma veniamo all'uomo di teatro. Figlio d'arte, come si è visto, e autodidatta, Tullio Svettini ha cominciato a recitare nel '58, con una compagnia locale di riviste, nella Casa ex Gil (ora auditorium Biagio Marin), dando vita, nel '62, al Piccolo Teatro Città di Grado. Ha lavorato molto sui dialetti veneti (gradese, istriano e veneziano) spesso in collaborazione con il commediografo Giovanni Marchesan Stiàta, autore di una dozzina di accattivanti lavori («È il nostro Eduardo!», assicura Svettini) e con i registi Francesco Accomando, Francesco Macedonio, Luciano Saletta, Mario Brandolin e altri ancora. Ma ha avuto contatti anche con gli udinesi Rodolfo Castiglione e Ciro Nigris, nonché con un autore importante come Gianni Gregoricchio e con Walter Faglioni, indimenticabile professore di dizione. Ha pure conosciuto padre David Maria Turoldo, del quale ha allestito l'Oratorio per San Francesco, e Stanis Nievo, quando ha messo in scena Le maghe del suo antenato Ippolito. Il famoso attore udinese Nico Pepe è stato ospite del Piccolo Teatro di Grado per una conferenza agli inizi degli anni '80. E ha anche un bel ricordo di Pasolini, incontrato nel 1969 in laguna quando girava Medea con la Callas. «Noi, con il Piccolo Teatro, facevamo allora nientemeno che I Persiani di Eschilo e la cosa ha incuriosito e interessato il grande intellettuale».
Un salto di qualità è stato per Svettini (ideatore, sull'esempio di Macedonio a Gorizia, anche delle rassegne Teatro in piazza), la fondazione, nell'87, dell'associazione Grado Teatro, che tuttora dirige assieme alla presidente Sonia Zuberti. Ma è stato anche tra i fondatori dell'Associazione teatrale friulana presieduta da Renzo Lavia. E rappresenta il Comune di Grado nell'Ert, l'Ente regionale teatrale. Inoltre, da una decina d'anni propone i suoi spettacoli anche alle comunità italiane dell'Istria, a partire dalla mai dimenticata città natale (dove il teatro è intitolato al grande attore rovignese Antonio Gandusio), e della Dalmazia (Zara e presto anche Spalato). Ma non dimentichiamo la collaborazione con l'Anvgd di Udine, l'associazione degli esuli giuliano-dalmati guidata dall'ingegner Silvio Cattalini, che ha portato al Palamostre pregevoli lavori come I nobili Ragusei, di Carpinteri e Faraguna, tratta da un divertente testo del '500, e La cisterna, di Bruno Carra Nascimbeni, una toccante storia dell'esodo.
Il regista-attore gradese ha poi fatto conoscere agli udinesi la grande poesia di Biagio Marin con letture al Circolo ufficiali e all'Accademia Nico Pepe. Da ricordare anche L'orazione per Pasolini e Marin, un monologo che Svettini ha recitato nell'ambito delle rappresentazioni inaugurali del teatro di Cervignano dedicato al poeta e regista di Casarsa.
In pensione da dieci anni (ha lasciato il Comune nel 2000), Svettini ha compiuto da poco mezzo secolo di palcoscenico. Ha festeggiato questo bel traguardo, che lo vede ancora in piena attività, assieme alla moglie Lucilia Pasquali, gradese, pure lei attrice (brillante) della compagnia. Da un precedente matrimonio, Tullio ha avuto l'unico figlio, Marco, che si è laureato in fisica e lavora in un'azienda di Tolmezzo. Si è sposato da poco con Roberta, udinese, impiegata a San Giovanni al Natisone. E vivono nel capoluogo friulano. Un chiaro "sconfinamento" dall'isola alla terraferma!
Lo stesso Tullio, con la compagnia di Grado Teatro, è stato protagonista, domenica scorsa, di una bellissima festa dell'amicizia tra rovignesi e friulani a Segnacco di Tarcento, «nel segno di Sant'Eufemia», patrona della cittadina istriana. Dopo la visita all'omonima chiesetta di Segnacco – dove Tarcisio Venuti ha spiegato la storia del culto della santa in Friuli – nella parrocchiale di San Michele è stata rappresentata La passione di Santa Eufemia, di Cavallaro. Un'ulteriore, riuscitissima, occasione per rafforzare i legami tra le nostre genti: non solo nel segno di Sant'Eufemia, ma anche in quello del teatro, così ben rappresentato dalle nostre parti da Tullio Svettini, istriano, gradese e friulano ad honorem.