Un convegno di studi ha ricordato i 70 anni del Villaggio San Marco a Fossoli

Il Convegno di studi “A 70 anni dalla istituzione del Villaggio San Marco” è stato promosso dalla fondazione Fossoli per ricordare il momento in cui l’ex campo di prigionia sito vicino a Carpi in provincia di Modena diventò un campo profughi con baracche destinate ad accogliere gli istriani che in una delle ultime ondate dell’Esodo abbandonavano la Zona B del mai costituito Territorio Libero di Trieste che il Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954 aveva assegnato all’amministrazione civile jugoslava, sancendo di fatto l’annessione alla dittatura comunista di Tito di un altro lembo d’Istria, mentre solamente a Trieste (privata di alcune frazioni del Comune di Muggia) tornava l’amministrazione civile italiana.

Dopo l’introduzione della Presidente della Fondazione Fossoli Manuela Ghizzoni ed il saluto del Sindaco di Carpi Riccardo Righi, il Presidente del Comitato provinciale di Modena dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Giampaolo Pani ha ringraziato i numerosi intervenuti (autorità, pubblico generico, esuli e studenti, 50 dei quali presenti in un’attigua baracca collegati tramite Zoom), la Fondazione per aver organizzato il convegno e le Poste Italiane per l’Annullo Postale dedicato e stampato su due cartoline commemorative. Il generale Pani ha quindi accennato alla nascita al termine della Seconda guerra mondiale dell’ANVGD per assistere gli italiani fuggiti dalle terre del confine orientale cedute con il Trattato di Pace del 10 febbraio 1947 dopo aver subito le barbarie dell’epurazione politica Jugoslava. A beneficio di un pubblico poco addentro a queste pagine di storia patria, Pani ha ricordato «la meritoria opera dell’esule Padre Flaminio Rocchi, il quale nel 1946 decide di raccogliere quegli italiani esuli privati delle loro case e beni in una Associazione che sarebbe stata fondata a Roma. Il Comitato di Modena invece rinasce nel 2006 grazie alla volontà di 17 esuli qui residenti a Modena».

«Oggi l’Associazione ha come primaria finalità quella di conservare l’identità culturale, storica e morale degli esuli, di difendere i valori ideali dell’esodo, di ricordare le foibe ed il tragico passato dell’italianità adriatica – ha spiegato Pani – Per adempiere a questi compiti su scala locale, oltre all’ intitolazione di vie e parchi ai Martiri delle Foibe, il Comitato ha provveduto a collocare 4 monumenti: a Modena nel 2011, a Carpi nel 2012, a Sassuolo nel 2015 e a Montefiorino abbiamo già impiantato il cippo ed attendiamo il termine dei lavori. Inoltre il Comitato ha raccolto i ricordi e le memorie degli esuli in due libri: Il Giorno del Ricordo 2011 a Modena (vincitore del premio letterario Tanzella) e I 60 anni del Villaggio San Marco di Fossoli (premio Tanzella e presentato alla Bancarella. Salone del libro dell’Adriatico orientale). Per cercare di completare la triste storia delle vicende degli esuli stiamo componendo un terzo libro dal titolo Via Caselle n 10 a Modena. L’Associazione, purtroppo, non è stata mai coinvolta per collaborare (come più volte richiesto anche per scritto) all’elaborazione del percorso didattico nella visita del Campo Fossoli che, dopo essere stato campo di concentramento collegato alla tragedia dell’Olocausto, per 16 lunghi anni ha ospitato gli esuli e quindi può rappresentare una tappa per i Viaggi del Ricordo». Il rappresentante dell’ANVGD, di cui è pure Consigliere nazionale, ha ricordato che il 9 dicembre 2019 a Carpi, presso la sede della Fondazione Fossoli, è stato firmato il Disciplinare in favore degli interventi di conservazione e valorizzazione del Campo con la somma di 3,5 milioni di euro: in quell’occasione era stato assicurato che la chiesetta San Marco del Villaggio sarebbe stata ristrutturata, ma a tutt’oggi niente è stato fatto.

Pani ha quindi delineato le varie ondate dell’esodo giuliano-dalmata, individuando la prima immediatamente successiva all’8 settembre 1943 «con un afflusso non controllato di singoli o famiglie che trovarono sistemazione presso amici e conoscenti; il fenomeno interessò in particolare militari e personale che faceva parte dell’apparato statale». Nel 1943-‘44 si sarebbe svuotata Zara a causa dei bombardamenti degli Alleati che distrussero quasi interamente la città uccidendo il 10% degli abitanti. La prima ondata proveniente dall’Istria e da Pola fu generata dal Trattato di Parigi dopo che in precedenza c’erano stati singoli episodi di fuga. All’epoca circa 120 persone furono collocate in via Caselle 10 a Modena presso l’Istituto Magistrale non più attivo: vissero nella ex scuola per 4 anni. 70 anni or sono la seconda ondata fu sistemata nel Villaggio San Marco a Fossoli, che rimase in funzione dal luglio 1954 a marzo 1970.

La Gazzetta di Modena – 07/10/2024

Relatori e abstract del convegno

Andrea Di Michele (Libera Università di Bolzano)
Spostamenti forzati di popolazione nell’Europa del Novecento
Tra le varie definizioni assegnategli, il Novecento ha anche quella di secolo delle migrazioni forzate, perché ha conosciuto oggettivamente un salto di qualità quantitativo e qualitativo in pratiche non del tutto assenti nelle epoche precedenti. L’esodo giuliano-dalmata è stato interpretato nel complesso contesto a cavallo tra guerra e dopoguerra, che ha visto in tutta Europa fenomeni più o meno violenti di trasferimenti di popolazione. Affrontando l’argomento con uno sguardo cronologico lungo, si sono ricercati i precedenti di tali pratiche, con un focus sulle conseguenze e i caratteri della Prima e della Seconda guerra mondiale, due conflitti dai quali hanno avuto origine deportazioni, esodi e trasferimenti. Fu in particolare in concomitanza della Grande guerra che si inaugurarono pratiche di trasferimento di popolazione, che per certi aspetti possono essere considerate anticipatrici di fenomeni successivi. È stata infine rilevata la difficoltà di definire i caratteri di una “migrazione forzata” a partire da casi specifici, ciascuno con caratteristiche proprie, con diversi livelli di costrizione all’emigrazione e di uso della violenza.

Giovanni Tesio (Membro del Comitato scientifico Fondazione Fossoli e Italianista)
Dal radicamento all’esilio. Considerazioni letterarie sui confini orientali d’Italia
L’intervento ha delineato un quadro per esemplari della letteratura che ha caratterizzato la questione postbellica dei confini dell’Italia orientale. Non ovviamente un quadro esaustivo, che richiederebbe ben altre proporzioni e – senza esagerazioni – un’intera biblioteca, ma un più mite prelievo di libri e scrittori scelti tra i tanti con discreta ragione elettiva: da Magris a Tomizza, da Marin a Bettiza, una mappa letteraria di quella letteratura che ha dato voce alle perdite e ai dolori di una drammatica stagione.

Maria Luisa Molinari (Insegnante e Dottore di ricerca in Storia contemporanea)
Quello che rimane. Il Villaggio San Marco di Fossoli: da frattura del passato a memoria per il futuro
Il 7 giugno 1954 le prime sette famiglie di profughi giuliani arrivano alla stazione ferroviaria di Carpi e vengono dislocati nell’ex Campo di concentramento di Fossoli, dando così vita al Villaggio San Marco per profughi giuliani e dalmati. Qui alcune centinaia di essi abiteranno stabilmente per sedici anni, fino all’8 marzo 1970. La loro presenza avvia uno straordinario processo di transizione del Campo da luogo di morte e violenza a spazio di ricomposizione di vite spezzate. Con il tempo, infatti, il Villaggio viene organizzato e definito, fino a diventare un microcosmo autosufficiente. Tuttavia, se le condizioni di vita materiali diventano accettabili e dignitose, lo stesso non si può dire per il processo d’integrazione nel tessuto sociale della cittadina di Carpi e nella stessa Fossoli, un processo che risulta inizialmente travagliato, improntato alla diffidenza e ai pregiudizi da parte della popolazione locale, che poi, però, progressivamente, vede gli esuli percepiti non più come profughi, ma come concittadini divenuti parte integrante della comunità carpigiana.

Anna Gervasio (Direttrice IPSAIC – Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea)
L’Atlante dei centri di raccolta dei profughi giuliani e dalmati. Luoghi, strumenti e didattica dell’esodo
è stato presentato il progetto interattivo L’Atlante dei centri di raccolta dei profughi giuliani e dalmati della Seconda guerra mondiale promosso dall’Istituto Nazionale Ferruccio Parri e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche – Dipartimento di scienze umane e sociali, patrimonio culturale (CNR – DSU), in collaborazione con la rete degli istituti associati alla Rete Parri e con la Società di Studi Fiumani – Archivio Museo Storico di Fiume (Roma).
Sito del progetto: https://www.reteparri.it/esodiprofuganzeww2/
Il progetto ha la finalità di evidenziare le politiche adottate dal governo italiano e dalle agenzie internazionali per gestire, assistere, rimpatriare e ricollocare i profughi provenienti dalla Venezia Giulia, da Fiume e dalla Dalmazia nel secondo dopoguerra, attraverso schede georeferenziate, mappe dinamiche, dati numerici, cronologia, immagini e descrizione storica. Al momento l’atlante include 60 strutture delle oltre 100 gestite dal Ministero dell’Interno sul territorio nazionale. Il progetto permette di aprire un percorso conoscitivo sui luoghi, fornire strumenti e avanzare proposte didattiche sull’esodo giuliano-dalmata, nonché avviare una riflessione sul tema dell’accoglienza e sui movimenti forzati della popolazione. Considera, inoltre, i campi profughi attraverso una analisi di carattere generale della struttura, della geolocalizzazione e dei modelli. Si presenteranno come “luoghi della memoria”, riconosciuti come tali da una comunità, che li fa rivivere e li interpreta e come frutto di determinate dinamiche storiche particolari come, ad esempio, nel caso dei campi profughi del territorio pugliese.

[LS]

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