Introdotto dalla presidente del Comitato provinciale di Gorizia dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, prof.ssa Maria Grazia Ziberna, sarà Diego Zandel – figlio di esuli fiumani, nato nel campo profughi di Servigliano nel 1948 e autore di numerosi romanzi di successo, che gli sono valsi nel 2023 il premio Tomizza – dialogando con Roberto De Denaro, poeta e critico letterario – a presentarci le sue ultime opere, che hanno come sfondo luoghi e vicende che egli ben conosce, essendo stato tra l’altro uno degli autori del documentario di Rai Cinema “Hotel Sarajevo” sull’assedio della città bosniaca, durato dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996.
“I confini dell’odio” (2022) è un avvincente romanzo sulla guerra interetnica nella ex Jugoslavia, che ha portato alla sua dissoluzione.
Bruno Lednaz, il protagonista, accompagna la salma del padre che aveva chiesto di essere sepolto a Fiume, sua città natale, allora italiana, poi jugoslava, e, dopo la guerra nei Balcani, croata. La guerra nella seconda metà degli anni ‘90 è finita, ma Bruno suo malgrado viene coinvolto in una serie di drammatiche vicende e scopre che l’odio è ancora vivo. Lednaz – anagramma di Zandel – uomo colto, tranquillo, vissuto sempre in una dimensione ben lontana dall’odio etnico e dalle sue conseguenze, si trova catapultato nel mezzo di un conflitto duro, crudele, alieno da qualsiasi regola e da ogni sentimento di pietà, nel quale spesso il crimine è di inaudita e crudele gratuità. Conoscitore dei Balcani, Zandel con questo romanzo ci conduce sui luoghi della guerra per ricordarci il valore della pace.
“Eredità colpevole” (2023) è un’avvincente indagine dalle tinte noir, condotta tra Roma e Trieste, che porterà il protagonista a una drammatica verità.
Il protagonista, Guido Lednaz giornalista e scrittore figlio di profughi fiumani, ripercorre una delle pagine più sanguinose della storia presentando il resoconto delle atrocità della Seconda guerra mondiale e il conseguente esodo di un intero popolo ispirandosi liberamente alla figura di Oskar Piškulić capo sanguinario nel 1945 della famigerata Ozna, la polizia politica del maresciallo Tito a Fiume. Il lungo processo italiano a Piškulić si concluse con un “non luogo a procedere” per vizio di giurisdizione anche se i crimini erano avvenuti durante la Seconda guerra mondiale a Fiume ancora italiana ed egli grazie al cavillo giuridico riuscì a farla franca e a non pagare per le atrocità commesse e ordinate. Ma non esiste solo la giustizia dei tribunali, la denuncia attraverso la scrittura può colmare in parte un colpevole vuoto: il romanzo di Zandel diventa strumento di verità anche se gli agganci con la realtà sono mediati dalla finzione.
“Un affare balcanico” (2024) Fine aprile 1997. Dopo una lunga trattativa Telecom Italia (con la greca OTE) acquisisce il 49 % delle azioni di Telekom Serbia.
L’affare, in cui sono coinvolti anche i servizi segreti dei due Paesi, viene favorito da strani personaggi, i cosiddetti “facilitatori”, legati al presidente serbo Slobodan Milošević. L’azienda italiana paga una somma enorme: 1.500 milioni di marchi tedeschi che Milošević pretende in contanti. “Un affare balcanico” si ispira a quell’inquietante transazione e l’autore, all’epoca dei fatti responsabile della Stampa Aziendale di Telecom Italia, mescola nel romanzo verità storica e finzione, districandosi tra donne misteriose, cantanti folk serbe e raffiche di kalashnikov per regalare al lettore pagine avvincenti.