Il 9 ottobre i cittadini di Pola aventi diritto al voto andranno nuovamente alle urne, questa volta (la prima in assoluto) per un referendum locale con effetti tangibili sulla pianificazione del territorio. Come deciso l’altra sera in sede di Consiglio municipale a seguito del parere positivo delle autorità governative, i cittadini elettori che prenderanno parte alla consultazione risponderanno al seguente quesito referendario: “Siete favorevoli a modificare il Piano urbanistico generale della Città di Pola in modo tale che per tutto il territorio di competenza del Piano urbanistico Lungomare (Bollettino ufficiale della Città di Pola 12/12, 11/15 e 1/16-testo rivisto) sia revocata la possibilità di costruire alberghi e altri impianti turistici o edifici abitativo-commerciali?”. Le risposte ammesse, naturalmente, sono solo due: il “sì” e il “no”, per dire che o si vuole l’abolizione di ogni edificabilità nella pineta del Lungomare (Valcane incluse) o si vuole che tutto rimanga come previsto nei piani urbanistici predisposti negli ultimi 10 anni. Tutto, insomma, verte sul futuro del contestato Hotel Valcane col quale il miliardario serbo Dragan Šolak vorrebbe incrementare ulteriormente il suo portafoglio immobiliare polese che include il riuscito centro commerciale Max City e prevede altre opere commerciali nella cava di pietra da bonificare.
La commissione elettorale
La Delibera accolta a maggioranza di voti l’altra sera contiene anche i nominativi della commissione elettorale che sarà chiamata a vigilare sulla correttezza del procedimento del voto. Ne faranno parte i giudici Igor Rakić (in qualità di presidente), Mirjana Sinčić Kocijančić e Andrijana Modrušan (membri) nonché Zoran Šarić, Nataša Horvat e Maja Rumak come sostituti nel caso di impedimento dei primi. Il documento stabilisce anche che un anno dopo la conclusione della consultazione, l’ente locale non potrà emanare alcun atto amministrativo contrario al responso degli elettori. Inoltre sullo stesso argomento non potrà essere indetto un ulteriore referendum a meno di sei mesi dalla passata consultazione.
Le disposizioni di legge sui referendum locali sono chiare e non ammettono situazioni di incertezza sull’esito. Affinché abbia successo e sia dichiarato valido a norma di legge, il 9 ottobre dovrà presentarsi alle urne almeno la metà degli aventi diritto al voto, che secondo le ultime stime sono 49.257 elettori. Per cui, per avere la sola validità legale, in 24.630 dovranno assolutamente andare a votare. Poi, per revocare l’edificabilità del Lungomare, dovrà cerchiare il “sì” almeno la metà più una dei votanti. Si ricorderà il lettore che firme a sostegno dell’iniziativa referendaria erano state poco meno di 13.000 e che dopo le verifiche da parte dell’autorità governativa competente, ne sono state ammesse solo 10.338, mentre 2.527 firme sono state invalidate. A questo punto l’incertezza comincia ad aleggiare sulle rispettive campagne del PRO e del CONTRO. Il timore che il referendum venga snobbato dagli elettori non è un timore senza fondamento. Già alle elezioni politiche, regionali e locali, gli elettori peccano di assenteismo. La soglia del 50% più 1 è effettivamente difficilmente raggiungibile in condizioni di apatia quasi generale, scarso senso civico e umori politici altalenanti. Per questo i promotori dell’iniziativa referendaria ora puntano a convincere gli elettori sull’importanza del referendum in quanto tale, come “strumento di esercizio della democrazia a prescindere dall’esito del voto”.
La parola ai cittadini
In una recente dichiarazione alla stampa il promotore del referendum Aleksej Orel ha parlato appunto in questi termini: “Vorrei che potessimo elevare la qualità della democrazia, che tutte le forze politiche in campo comunicassero le proprie posizioni con maggiore chiarezza e convincessero i propri sostenitori dell’importanza di partecipare al referendum. Qualunque sia l’esito della consultazione, è necessario che siano i cittadini ad averla voluta”.
Ma i cittadini, pur ammesso che non disertino le urne per pigrizia o per indifferenza come è facile che succeda, avranno realmente la facoltà di incidere sugli eventi oppure i loro sforzi potrebbero comunque rivelarsi vani? Anche questa è una domanda che vale la pena di porre perché non tutto è come sembra nella babele delle leggi nazionali spesso in concorrenza tra di loro. Stando al Ministero della Pianificazione ambientale, dell’Edilizia e del Patrimonio immobiliare, il proprietario della cava di pietra avrebbe infatti la facoltà di edificare a prescindere dall’esito referendario, purché si spicci a richiedere l’idoneità urbanistica prima che la Città di Pola proceda con le modifiche ai piani urbanistici in seguito ad un’eventuale abolizione dell’edificabilità sul Lungomare in sede referendaria. Quindi, se la società “Hotel Valkane” venisse in possesso di questo primo requisito in tempo utile, anche il permesso di costruzione verrà da sé per automatismo, sempre per forza di legge. Se invece il committente dell’opera richiedesse direttamente la licenza edile (senza passare per la tappa intermedia dell’idoneità urbanistica) la situazione sarebbe esattamente la stessa: via libera alle costruzioni.
Gli iter burocatici
Ora, per legge, la Città di Pola è “in obbligo di rispettare il parere degli elettori” per cui se al referendum i polesi dovessero abolire l’edificabilità del Lungomare, l’amministrazione cittadina dovrà rimboccarsi le maniche e modificare di conseguenza non uno ma tutti i piani urbanistici interessati dalla manovra. Ma, sempre per legge, la Città di Pola è anche in obbligo di rilasciare i vari permessi di costruzione se i progetti hanno le carte in regola come sembrano averli quelli della società “Hotel Valkane”. In questo caso, l’unica questione che resta da vedere è se i progettisti e i costruttori al servizio degli imprenditori serbi faranno in tempo a produrre la mole di incartamenti necessari per richiedere e ottenere le autorizzazioni a costruire. Conoscendo l’efficienza del personale che ha costruito e aperto il centro commerciale “Max City” senza un’ora di ritardo, è proprio lecito credere che l’ingranaggio sia ben oliato. Del resto, il direttore della società che investe, Zoran Kostić, lo ha già dichiarato senza mezzi termini, che richiederà l’idoneità urbanistica nel giro di due mesi al massimo. Vediamo di fare un po’ di calcoli. Il referendum è indetto per il 9 ottobre, tra un mese e 9 giorni. Anche se il numero degli elettori avrà superato il 50 p.c., ci vorrà il tempo necessario per lo spoglio delle schede, l’ufficializzazione dei risultati, la convocazione del Consiglio cittadino e la sua decisione di avviare le modifiche ai piani urbanistici. Solo allora progettisti e architetti cominceranno a ridisegnale il piano regolatore di Pola. Per arrivare all’atto finale ci vorranno insomma dei mesi. Nel frattempo è probabile che Kostić abbia già in mano tutte le autorizzazioni necessarie per cantierare la cava di Valcane. Così il referendum potrebbe non servire allo scopo anche ammesso che finisca con la revoca dell’edificabilità. Evidentemente ci sono decisioni politiche che, una volta prese, sono difficili da smantellare.
Daria Deghenghi
Fonte: La Voce del Popolo – 01/09/2022
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