SARAJEVO – Dei 40.000 scomparsi durante le guerre degli anni ’90 nella ex Jugoslavia, risultano tuttora ufficialmente dispersi 17.500, secondo quanto è emerso il 26 aprile scorso a Banja Luka nel corso dell’incontro organizzato dal Comitato internazionale della Croce Rossa e dalla Commissione internazionale per i dispersi (ICMP), con i rappresentanti dei governi di Bosnia Erzegovina, Croazia e Serbia. Il maggior numero, riferisce l’agenzia Fena, riguarda la Bosnia dove ancora oggi, a 12 anni dalla fine della guerra, non si conosce la sorte di 13.000 persone, mentre in Croazia risultano tuttora dispersi 2.100 w in Kosovo circa 2.200.
Nel dopoguerra sono state trovate centinaia di fosse comuni ed esumati ed identificati migliaia di corpi. L’ICMP ha aiutato, grazie al test del DNA, l’identificazione di 11.000 persone scomparse, ma quello dei dispersi, ha detto la direttrice Kathryne Bomberger, “resta una delle sfide più grandi sul piano dei diritti umani che deve affrontare la regione”.
L’ICMP ha anche preparato un globale programma informatico che verrà presto messo a disposizione dei governi e rappresenterà un prezioso aiuto all’Istituto bosniaco per i dispersi nella creazione di una banca dati centrale.