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Verona: non di mentichiamo più i nostri morti (larena.it 10 feb)

Verona. È il canto degli esuli istriani a mettere fine alle celebrazioni per la giornata del ricordo. Il «Va' pensiero», dal Nabucco di Verdi, è sicuramente appropriato. Nell'opera a cantarlo sono gli ebrei prigionieri in Babilonia, qui invece sono gli italiani di Pola che per sessant'anni hanno sofferto in silenzio.

Un aspetto quest'ultimo sottolineato anche dalla presidente dell'associazione Venezia Giulia e Dalmazia, l'avvocato Francesca Briani, che senza tanti giri di parole alle istituzioni presenti al momento della benedizione del cippo in ricordo delle foibe, ha parlato delle migliaia di persone uccise e delle miglia di altre costrette a scappare. «Abbiamo pagato un prezzo molto alto. Abbiamo pagato la sconfitta sulle nostre spalle per tutti gli italiani. Siamo stati abbandonati a noi stessi, e non abbiamo mai ricevuto alcun risarcimento per le proprietà lasciate, per quelle vite spezzate. Ma perdoniamo».

Una cerimonia toccante quella che si è svolta prima nella chiesa del cimitero Monumentale, poi davanti al cippo che commemora i morti delle foibe. A celebrare la messa doveva essere il vescovo Giuseppe Zenti, ma all'ultimo momento è stato incaricato il vicario generale, monsignor Giuseppe Pellegrini. Toccanti le sue parole al momento dell'omelia: «Quell'esperienza non doveva rimanere nel passato. È in questo giorno che si restituisce la storia, recuperando il passato per vivere bene il presente», ha detto.

Ad ascoltarlo molte autorità, tra queste per il Comune l'assessore alla protezione civile, Marco Padovani, per la Provincia il presidente Elio Mosele, e poi il comandante provinciale dei carabinieri Claudio Cogliano, per la Prefettura il viceprefetto Elio Faillaci, per la questura Gianluigi Rispoli. Presente anche il generale Battisti per il Comfoter. Immancabili i labari, gagliardetti e i gonfaloni di città e provincia, (per Assoarma era presente il generale Edgardo Pisani). Tutti i simboli hanno reso omaggio alle migliaia di vittime civili.

«Italiani dimenticati per ragioni politiche», hanno ricordato alcuni esuli presenti. E di quella pagina tragica delle storia che viene ricordata ogni 10 febbraio, nella data legata al trattato di Parigi del 1947, ha parlato Padovani. «È il giorno dedicato a una tragedia troppo a lungo dimenticata. Una pagina ingiusta verso gli italiani che per 60 anni hanno rivendicato il diritto al ricordo», ha detto, «i troppi pregiudizi però non ci hanno fatto dimenticare le foibe». E ieri su Porta Nuova il Comune ha fatto scendere le bandiere a mezz'asta.

Anche Mosele ha sottolineato l'importanza del ricordo e ha affiancato questa giornata a quella della memoria, quasi a dire che i morti, la violenza, non possono avere un colore politico, religioso. E per rendere ancora più forte l'idea ha detto: «Non chiediamoci dov'era Dio, ma dov'era l'uomo».

Il massacro delle foibe compiuto dall'armata popolare di liberazione della Jugoslavia tra il 1943 e il 1945, aveva il preciso scopo di «ripulire» la Dalmazia. Non venne mai fatta una stima di quell'eccidio dopo la fine della guerra, ma si calcola che a morire furono tra gli 11m ila e i 15 mila italiani.

Anna Zegarelli

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