In difficoltà, braccato dallo spettro della sfiducia e delle elezioni anticipate, il premier sloveno Janez Janša reagisce dando alla sua politica una svolta nazionalista e autoritaria. La prima “vittima” è la vicina Croazia. Tra sloveni e croati da sempre non corre buon sangue, quindi spingere sull’acceleratore del nazionalismo è come sfondare porte aperte. Per mercoledì prossimo era in calendario a Bruxelles un incontro del ministro degli Esteri sloveno Karl Erjavec con la sua omologa croata Vesna Pusic a margine della riunione dei capi delle diplomazie europee. Erjavec era ottimista, «potrebbe essere l’incontro della svolta» aveva detto solo pochi giorni fa. Si riferiva al nodo Ljubljanska Banka sul quale Lubiana ha posto il veto all’adesione di Zagabriaall’Ue.
Orbene nell’ultima, dicono alcune fonti, tumultuosa riunione di governo, o di quel che resta del governo, il premier Janša ha vietato al suo ministro degli Esteri, peraltro dimissionario, di recarsi a Bruxelles. Ergo, salta l’incontro con la Pusic. La Croazia, insomma, deve rimanere un “nemico”. Molti politici in Slovenia, anche di centrodestra, sperano che l’incontro si tenga comunque. Ma la lite tra Erjavec e Janša non finisce certo qui. Il premier e una parte del suo governo, infatti, vorrebbe anche chiedere al Tribunale dell’arbitrato internazionale sui confini sloveno-croati la sovranità sull’intero golfo di Pirano. «Alcuni vedono la nostra difesa nell’ambito dell’arbitrato in un modo diverso – ha affermato Erjavec parlando del memorandum che Lubiana dovrà presentare entro l’11 febbraio prossimo – ma ritengo che quanto preteso da alcuni, e sono una minoranza, è assolutamente irreale e molto difficilmente avremmo partita vinta con una simile tesi di fronte alla corte dell’arbitrato internazionale».
Della questione il ministro degli Esteri sloveno coinvolgerà la commissione Esteri del Parlamento e si è detto anche favorevole a una seduta del Parlamento sullo stesso tema, seduta che però viene bocciata dal più numeroso gruppo politico presente alla Camera di Stato, seppure all’opposizione, ossia Slovenia positiva. Berlino e Washington intanto premono sulla Slovenia sul nodo Ljubljanska Banka. Se gli Usa vedono anche per la querelle bancaria una buona soluzione nell’arbitrato internazionale di fronte alla Banca dei regolamenti di Basilea, l’Unione europea alza la voce. Il commissario all’Allargamento Stefan Füle è stato categorico: «Non vogliamo che mine bilaterali esplodano nel bel mezzo del processo di adesione». Ma come al solito piove sul bagnato. Il tecnico sloveno France Arhar impegnato col collega croato a dirimere il nodo Ljubljanska si è ammalato e così salta l’incontro bilaterale di martedì prossimo.
Mauro Manzin
“Il Piccolo” 27 gennaio 2013