di FABRIZIO PALADINI
Solo una piccola croce sulla strada. Sotto, un buco, una voragine senza fondo. «La foiba è profonda 120 metri e lì sotto ci saranno le ossa più o meno di 300 italiani». La foiba di Za Lesnika è una delle tre scoperte in territorio sloveno goriziano, insieme con quelle di Za Cvetrez e Pod Go Mila, tutte sotto il Monte Santo, a un passo dal confine con l`Italia. Natasha Nemec è l`unica storica slovena che ha lavorato, studiato e ricostruito ciò che accadde tra il 2 e il 5 maggio 1945 in questo la Berlino Est italiana.
Nemec è anche l`autrice dell`unico elenco ufficiale di italiani «dispersi» nella zona di Gorizia fornito alle autorità italiane da quelle slovene. Peccato che, subito dopo aver fornito quell`elenco che riporta 1.386 nomi, da Umberto Abbate dell`1.1.1916 a Valente Bardelle del 2.5.1925 , la ricercatrice abbia perso il lavoro. Licenziata in tronco dal museo di Nova Gorica per «mancanza di titoli accademici». È il 9 dicembre 2005: «Dopo 2 ore dall`arrivo della lettera mi avevano già cancellato tutti i file che avevo in memoria nel computer dell`ufficio. Quindici anni di lavoro». Natasha fa ricorso al giudice, anche perché i titoli accademici ci sono, eccome. Nel marzo del 2006 il tribunale per le cause di lavoro la reintegra ma la direzione del museo le cambia mansioni: nel deposito a inventariare i pezzi che non vengono esposti al museo. Strano che dopo sessant`anni la realtà delle foibe, per tanti anni nascosta o minimizzata, dia ancora così fastidio.
E dire che Nemec è stata animata solo dal rigore della storia, senza appartenenze politiche. «Prima di occuparmi di foibe avevo setacciato questa terra lavorando sulla Prima guerra mondiale. Una mostra su Caporetto, una sul Monte Santo, una sugli animali che tenevano compagnia ai soldati: da quelli buoni, come i muli degli alpini, a quelli cattivi, come i parassiti che infestavano ogni divisa».
Poi Nemec ragiona sui dialetti, le religioni, le tradizioni che si incontrano e scontrano in una guerra e prepara la grande mostra Maledetta guerra, struttura etnica e nazionale dei soldati nel fronte dell`Isonzo che gira per l`Europa.
All`inizio degli anni Novanta percorre a piedi tutta la Primorska, il litorale dell`Isonzo, ed è là che incontra le foibe. Decide di ricostruire il destino di 1.386 italiani che in 2 giorni scomparvero da Gorizia al momento dell`arrivo del Quarto corpo di armata sloveno. Per 15 anni cerca e trova, riannoda storie e dissolve speranze. «Non tutti i 1.386 scomparsi sono stati uccisi nelle foibe. Molti sono tornati dopo periodi di detenzione più o meno brevi, qualcuno magari è riuscito a fuggire, ma circa 900 sono ancora laggiù, e laggiù resteranno per sempre».
Nemec ha scoperto che le stragi sono state fatte dai comunisti iugoslavi dalla notte di Natale all`Epifania tra il 1945 e il 1946. Un periodo nel quale era più facile far sparire dalle prigioni di Lubiana centinaia di fascisti, di collaborazionisti o presunti tali. «Li portavano con i camion alle foibe, li facevano scendere e camminare verso il bordo e poi, nella maggior parte dei casi, un colpo in testa e il corpo precipitava giù».