È l’indagine sulla complessa e stratificata realtà delle genti di frontiera il filo conduttore del numero 185 (luglio- settembre 2012) de “La battana”, la rivista trimestrale di cultura della CNI (per i tipi dell’EDIT), che anche in quest’occasione attinge ai contributi scientifico-letterari di autori connazionali come pure di quelli della maggioranza; prendendo come emblema e punto di partenza – fa notare nella premessa la caporedattrice Corinna Gerbaz Giuliano – la storia del ponte sulla Drina, capolavoro di Andrić, al quale autore fa riferimento una parte dei contenuti del numero.
S’intitola “Gli ‘Itinerari istriani’ di Romano Farina: percorsi di viaggio e di scrittura“ il saggio di Elis Deghenghi Olujić nel quale si esamina l’opera del giornalista istriano, decimo volume della “Biblioteca Istriana”, avviata da UI-UPT nel 1979. Nell’introduzione la studiosa rileva il metodo di viaggio ed osservazione del Nostro per le rughe antiche dell’Istria che egli compie, richiamando la figura dell’antico viandante e del pellegrino, rigorosamente a piedi, “annotando attentamente il paesaggio ma soprattutto la presenza umana e le dinamiche economiche, sociali e civili che incidono il territorio e lo trasformano”. Il suo è un “viaggio sentimentale e culturale in un’Istria magica, tra chiese e cimiteri, tra campanili e castelli”, paesaggio romantico e misterioso degradato però dall’immancabile cartello con scritte tipo “zimmer, room, camere” o “gasthaus”.
Particolarmente attratto dall’Istria interna perché meno conosciuta, Farina, che si presenta come narrante e attinge volentieri ai ricordi del passato, registra con scrupolosa fedeltà le tappe, i paesaggi, la frammentazione di usi e costumi, gli incontri, le vestigia della storia antica, le opere d’arte (e quant’altro) dell’entroterra istriano. Una terra che nonostante il passare del tempo ha mantenuto le sue composite caratteristiche di contenitore di tanti mondi che fanno dell’Istria un territorio quasi unico nel panorama europeo.
La precisa e dotta analisi contenutistico-semiotico-etica di Josip Krajač verte intorno al “Ribelle Salvatore Cipicco di Magris“, ossia del romanzo “Alla cieca“, dello scrittore triestino Claudio Magris. Nell’ottima traduzione di Dario Saftich, Krajač rileva la complessità del romanzo, che è strutturato senza una trama ben definita. “Il flusso della coscienza, ovvero del subconscio del personaggio principale rappresenta la linea guida di ciò che accade nel romanzo. Al centro dell’attenzione c’è la questione dell’esistenza umana, che stretta tra il controllo e la punizione (del potere), si ritrova minacciata – scrive Krajač -. Magris punta l’indice accusatore nei confronti dell’ideologia della società e ironizza e sottopone a critica la sua etica distorta”.
Il contributo della giovane connazionale Anna Girotto è imperniato sul problema della traduzione dal croato e s’intitola “Tradurre la lingua di Renato Baretić: una sfida“. Baretić, noto autore spalatino-zagabrese, è pure autore di “Pričaj mi o njoj“/“Raccontami di lei“, drammatica storia di amore e di guerra (nell’ex Jugoslavia), oggetto dell’interesse di Girotto; la quale rileva le difficoltà incontrate nel lavoro di traduzione a livello di restituzione del linguaggio colloquiale e si sofferma sulle strategie traduttive, ossia sulla necessità di conoscenza dei “meccanismi di produzione e di funzionamento della grammatica“.
La sequela di scritti radicati sull’argomento delle realtà di confine, interregionali e multiculturali, continua con “Presenze e assenze nei ‘Racconti triestini’ di Ivo Andrić “, a firma di Mario Simonovich; ossia con l’analisi del libro del Premio Nobel bosniaco “La storia maledetta, racconti triestini“, scandito nei quattro racconti “Esaltazione e rovina di Toma Galus“, “Dalla parte del sole“, “L’impero di Postružnik“ e “La storia maledetta“. Simonovich premette come Andrić si prefiggesse una costruzione complessa, da romanzo, abbandonata però fin dall’inizio, i cui pilastri portanti si presentano perciò “come elementi strutturali poderosi desolatamente abbandonati alla rinfusa nel cantiere di costruzione“, così il saggista. La storia, che narra le disgraziate vicende con la giustizia del giovane marinaio bosniaco sbarcato a Trieste alla vigilia della dichiarazione di guerra alla Serbia, rappresenta la città giuliana come fedelissima dell’Austria, non accennando minimamente ai fermenti irredentisti, d’italianità dell’epoca, che sicuramente erano visibili, e dei quali Andrić doveva essere a conoscenza. “Sarebbe significativo capire i motivi di tale scelta“, commenta Simonovich.
La sezione “letture“ propone l’articolato e toccante racconto di Mario Schiavato “Il mio trapianto“, legato al mondo contadino dell’Istria.
Sotto il segmento dedicato al cinema, la rivista culturale pubblica “Essere italo-americani sul grande schermo: cinema muto, dagli anni Ottanta e Novanta, fino ai giorni nostri“, di Stjepan Pranjić.
Si conclude con la recensione di Ugo Veselizza, ricca di rimandi letterari, del libro di Fernando Marchiori “Scritto dentro“, che è un libro sulle parole, “un discorso sulla moralità dove la scrittura… diviene paradigma di un’unica testimonianza che da se stessa si duplica nella vita della finzione letteraria“, osserva l’autore.
La copertina e l’interno riportano le fotografie di Goran Žiković che ritraggono lavori e situazioni della XIX edizione dell’Ex Tempore di Grisignana.
Patrizia Venucci Merdžo
“la Voce del Popolo” 20 novembre 2012