ANVGD_cover-post-no-img

Zagabria ci ripensa e difende il “Prosek” (Il Piccolo 05apr13)

Contrordine, compagni, abbiamo fatto un piccolo errore. Di comunicazione. Malgrado i recenti proclami, Zagabria non forzerà, come annunciato, i produttori croati di vino a rinunciare al nome “Prosek” all’indomani dell’ingresso della Croazia nell’Ue, in agenda il prossimo primo luglio, causa eccessive somiglianze tra l’appellativo del vino croato e il Prosecco italiano.

La brusca retromarcia di Zagabria è stata rivelata da Juraj Orenda, alto funzionario del ministero dell’Agricoltura, lo stesso dicastero che solo pochi giorni fa aveva notificato la prematura dipartita del Prosek attraverso una nota pubblicata sul sito ufficiale del locale “ministarstvo poljoprivrede”. Una nota che non vale più, ha precisato Orenda parlando con la stampa croata. «Non era nostra intenzione dare alcuna cattiva notizia» con il comunicato incriminato, «volevamo solo stimolare i produttori ad adattarsi a quella che sarà la nuova situazione del mercato una volta entrati nell’Ue», ha spiegato Orenda. Comunicato che, va detto, è scomparso improvvisamente anche dal sito del ministero a cui fa capo il funzionario, ma rimane sempre indicizzato nella “cache” di Google.

Cosa diceva la nota? Specificava che durante i negoziati d’ingresso nell’Ue, la Croazia, tra le altre istanze, aveva tentato di far includere la denominazione Prosek tra quelle protette dall’Ue, in base al regolamento Ce 607/2009. Bruxelles aveva però risposto picche, ammetteva la nota ormai fantasma, spiegando a Zagabria che l’uso del nome Prosek avrebbe «provocato alti rischi di confusione tra i consumatori», causa le «similitudini fonetiche» con il Prosecco italiano. Da qui la richiesta di ritiro della petizione croata da parte della Commissione europea e l’avviso di Zagabria, ora cancellato, ai propri produttori.

«Dal primo luglio 2013 il nome Prosek non potrà più essere usato» né sul mercato croato né su quello estero. Infine, l’invito alle aziende vinicole croate – una trentina, tutte dalmate – «ad adattare» per tempo i propri prodotti, magari adottando un nuovo nome. Ad esempio “vino dalmata” o “lacrime della Dalmazia”.

Lacrime di rabbia, forse, come quelle versate nei giorni scorsi dai produttori croati, sul piede di guerra per la paventata perdita del Prosek e ora probabilmente rassicurati dalle parole pronunciate ieri da Tihomir Jakovina, ministro dell’Agricoltura croato, che ha chiarito che il contenuto della nota era errato, promesso che i “colpevoli” del misfatto saranno puniti e suggerito che la Croazia chiederà, subito dopo essere entrata nell’Ue, di inserire il Prosek nella lista dei vini protetti da Bruxelles.

Storia ingarbugliata, insomma. E potenzialmente esplosiva. «La questione relativa a Prosecco italiano e Prosek croato ricalca fedelmente ciò che è avvenuto nel caso del Tocai friulano e del Tokaji ungherese. Il Prosecco italiano, prodotto con almeno l’85% di uve da vitigno Glera, è un vino bianco secco, nella maggior parte della sua produzione spumantizzato. Il Prosek croato è invece un vino dolce da dessert, prodotto con uve autoctone coltivate in particolare in Dalmazia», chiarisce Elena Roppa, wine promoter e docente di marketing del vino.

Vini diversi, entrambi storici nei loro contesti nazionali, che potrebbero molto presto entrare in rotta di collisione. «L’Italia ha chiesto esplicitamente e la Croazia ha accettato espressamente, in virtù del fatto che la denominazione» Prosecco «in Italia esiste da tantissimi anni, di rinunciare nel momento dell’ingresso nell’Ue all’utilizzo del nome del proprio vino», il Prosek, afferma Giancarlo Vettorello, direttore del Consorzio di Tutela del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene. Che poi puntualizza che quando un Paese entra nell’Ue «ne rispetta le regole generali e soprattutto gli impegni che ha già volontariamente sottoscritto».

Stefano Giantin
“Il Piccolo” 5 aprile 2013

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.