TRIESTE L’Euroregione non gli basta. E nemmeno la ”macro-regione” che rispolvera i fasti (o i timori) del Lombardo-veneto. Luca Zaia, adesso, lancia un ”supercantone” europeo che unisca Milano e Zagabria, Torino e Lubiana, Venezia e Klagenfurt, passando per il Friuli Venezia Giulia. Una provocazione? Di sicuro, non passa inosservata: «Vuole un cantone? Se ne vada in Svizzera» tuona, con Roberto Menia, il Pdl. «Più che un governatore, Zaia sembra il Dottor Stranamore…» ironizza, con Davide Zoggia, il Pd.
Tant’è. L’ex ministro all’Agricoltura, ormai saldamente al comando di quel Veneto che fu di Giancarlo Galan, affida la sua proposta ”hard” al quotidiano ”Libero”. E lo fa, in un intervento, partendo dai cavalli di battaglia leghisti: il Nord paga, con il suo lavoro, il mantenimento del Sud, con i suoi falsi invalidi, i suoi 30mila forestali, i suoi sperperi. L’Italia è una «nazione divisa». Peggio: una nazione «che deve vergognarsi». Ma il Veneto, quello che «spende ogni anno almeno 10 miliardi di euro per il Mezzogiorno», non ci sta più: non è più disposto, avverte Zaia, «a nessuna forma di solidarietà se questa non si accompagnerà a un riscatto del Sud».
Avanti tutta, allora, con il federalismo a geometria variabile. E avanti tutta con una nuova politica che, almeno in terra veneta, si ispira alla Csu di Jospeh Strauss e all’autonomismo catalano che hanno «la loro bussola ideale nell’Europa dei cantoni». Il governatore leghista, citando anche lo storico John Luckacs, disegna il suo cantone ideale, «un territorio capace di autogovernarsi, legiferare, rimanere ancorato alla propria storia», ma al contempo «libero di essere in rete con gli altri cantoni» per aggiungere «forza alla forza», «libertà alla libertà», «solidarietà alla solidarietà»: Zaia guarda innanzitutto a Piemonte e Lombardia, oltre al ”suo” Veneto, ma, subito dopo, chiama in causa Croazia, Slovenia, Carinzia, Friuli Venezia Giulia e Trentino, partner di «un disegno europeo che potrebbe ritornare alla luce spinto proprio dal cuore di un Veneto autonomo». Le reazioni sono accese. «L’Italia deve vergognarsi? Si vergogni lui, piuttosto, che fino a pochi giorni fa era un ministro italiano. E se vuole un cantone, se ne vada in Svizzera» attacca Menia. Zoggia, responsabile enti locali del Pd nazionale, non è più tenero: «Lo Zaia in versione ingegnere statuale letto su ”Libero” fa venire in mente il kubrikiano dottor Stranamore. Il solo pensare che Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia abbiano in comune con Croazia, Slovenia, Carinzia abbastanza elementi da formare un’unica entità fa sorridere». Non solo Pdl e Pd. L’Udc, con il segretario regionale Angelo Compagnon, osserva: «Chi occupa un posto di responsabilità, di fronte ai problemi, deve dare risposte. Non slogan. Zaia, invece, esce da un governo che, a fronte della crisi in atto, non ha dato nessuna risposta. Adesso, anziché lanciare proposte di astrusa comprensione, dimostri almeno la sua capacità di dare risposte». Sia chiaro, però, e Compagnon lo sottolinea: guardare a Est è una priorità, e il Friuli Venezia Giulia lo sa bene, tant’è che ha voluto Alpe Adria. Un’intuizione, quella sì, «feconda»… (r.g.)