di MARCO BALLICO
TRIESTE «Zara ritorna un caso nazionale? Chissà. L'interesse dei media serva almeno alla consegna di una medaglia d'oro già assegnata». Renzo de' Vidovich ci spera ancora una volta. Sollecitato dallo storico incontro a Trieste tra Giorgio Napolitano, Danilo Turk e Ivo Josipovic, i tre presidenti, ma anche da due pagine del Corriere della Sera di ieri, a firma Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, che riportano l'attenzione sulla città per secoli della Repubblica di Venezia, poi italiana, quindi costretta a una duplice occupazione straniera, quella dei nazisti e quella dei partigiani comunisti jugoslavi, infine, dal 1991, croata.
Due pagine, quelle di Stella e Rizzo, su una Zara in cui ogni traccia del passato è sparita. La memoria resettata. L'italianità scomparsa. La storica impronta di Venezia cancellata. Due pagine che riassumono vicende note che le ultime generazioni forse ignorano, nuova occasione di visibilità, momento di grande soddisfazione per gli zaratini che condividono l'interpretazione del Corriere e rilanciano, in particolare con de' Vidovich, «la necessità che, alla giornata triestina della riconciliazione, seguano fatti concreti».
Il tema principale sollevato dal politico e giornalista nato a Zara nel 1934 è quello della consegna della medaglia d'oro alla martoriata città, vicenda avviata – come ricorda in un recente libro Paolo Simoncelli – dalla proposta negli anni Settanta del parlamentare triestino Paolo Barbi, rilanciata vent'anni dopo da Oscar Luigi Scalfaro, con passaggio finale nel 2001, quando Carlo Azeglio Ciampi, di sua iniziativa, conferisce la sospirata medaglia al gonfalone italiano di Zara.
Un conferimento rimasto però sempre sulla carta. La cerimonia convocata da Ciampi al Quirinale in presenza di Ottavio Missoni, sindaco della libera municipalità di Zara in esilio, viene infatti stoppata da una lettera di protesta del governo croato e da altre contestazioni. Polemiche che nel 2007, all'avvio del settennato di Giorgio Napolitano, riesplodono davanti a un apparente nuovo tentativo di procedere alla consegna della medaglia.
E adesso? E adesso, insiste de' Vidovich, mentre sul fronte croato le bocche restano cucite, confermando le sensazioni di nazionalismo riportate dall'articolo di Rizzo e Stella, «nel clima di amicizia che si è reinstaurato come dimostra la giornata storica dei tre capi di Stato a Trieste, e con le pagine del Corriere che mi sembrano il cacio sui maccheroni, credo che il presidente Napolitano avrà ora più forza nel riproporre e finalmente concretizzare la cerimonia di consegna della medaglia d'oro al gonfalone, dopo anni di indecorosi slittamenti».
E la questione economicamente ben più rilevante dei beni degli esuli? «Secondo noi – osserva ancora de' Vidovich – va impostata nei termini iniziali. E cioè c'è un certo numero di beni che devono restare in Croazia e in Slovenia, ma ce ne sono altri che vanno risarciti dall'Italia. Dopo di che è chiaro che l'Italia non potrà risarcire tutto, pure quello illegittimamente espropriato».
Ma è vero che l'italianità, a Zara, non c'è più? Secondo de' Vidovich «una traccia modesta di persone, seppure con non troppo piacere di uscire allo scoperto, c'è ancora». Anche Lucio Toth, animatore dell'Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, parla di «pochi italiani che vivono in una situazione difficile». E di una Zara «che non è più quella di una volta». Ma, aggiunge, «la nostalgia della città mitteleuropea degli anni Quaranta ce l'hanno anche i croati: pure loro hanno perso qualcosa». Quanto alla nuova ribalta per Zara, Toth sottolinea «la buona notizia del superamento di una lettura riduttiva del Risorgimento» e di «un'apertura importante per toglierci di dosso la vernice di nazionalismo fascista dataci impropriamente». Senza però faticare ad ammettere che «il sogno di un concerto in faccia a quel mare rimane irraggiungibile».
E Ottavio Missoni? «Viene perfino il sospetto che la città di prima della guerra non sia mai esistita. Oggi, per me, Zara esiste solo nell'amore e nel ricordo».