di Mario Simonovich
Spirito europeista, comprensione, multiculturalismo, ecc. Come stiamo? Difficile formulare giudizi generalizzati ma, a giudicare da quanto riportato dalla ‘Slobodna Dalmacija’, decisamente non troppo bene. L’inizio, nel caso concreto, risale alla metà di settembre, con uno scritto di Carlo Giovanardi.
“Sarà un bel giorno quando, nel centro storico di Zara per esempio, si possa di nuovo leggere, dopo il nome croato di Ulica Frederica Grisogona, Ulica Iurja Barakovića, Ulica Knezova Šubic Bribirski e Široka Ulica, come vennero ribattezzate nel 1945 dai croati che ripopolarono la città, gli antichi nomi italiani, di certo non compromessi con il fascismo, che erano rispettivamente Calle del Paradiso, Calle del Conte, Via dei Tintori e Calle Larga”, aveva scritto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio al giornalista del ‘Corriere della Sera’, Gian Antonio Stella.
In questi giorni la ‘Slobodna Dalmacija’ ha riportato le reazioni dei politici cittadini. Đani(!) Bunja, del Partito dei diritti, una delle formazioni di netta destra, ha mandato a dire al sottosegretario che “il suo sogno non diverrà mai realtà.” Allargando il discorso ha aggiunto che molte minoranze in Croazia godono di maggiori diritti di quanto non siano rapportabili alla loro consistenza numerica. Difficile non capire a chi intendesse alludere…
Ana Lovrin, ex sindaco e ministro alla Giustizia, ha ricordato che una delegazione cittadina aveva chiesto al presidente Mesić di trasmettere al collega italiano il malcontento di Zara per le aspirazioni italiane “per quanto magari espresse solo a livello verbale”. Pertanto “il voler rivolgere indietro la ruota della storia ripristinando i nomi delle vie al tempo dell’occupazione italiana” è per lo meno un atto di maleducazione.
Colorita quanto indicativa la dichiarazione di Željko Predovan del Partito socialliberale croato, al potere con l’HDZ: “Un’idea del genere può venire in mente solo a un folle”. Sicché non riesce proprio a capire quale possa essere la base del ragionamento di Giovanardi.
Da parte sua per infastidirlo basta anche la sola presenza dei coperchi dei tombini ancora rimasti in città che riportano la dicitura “Comune di Zara”, dove poi accettare che qualcuno, sotto il nome croato delle vie, “apponesse, in parallelo, quello del tempo dell’occupazione italiana”.
Messo da parte l’asserito inter, nazionalismo, dalla sinistra è venuta una reazione identica. La rampante Ingrid Antičević-Marinović, pure già ministro alla Giustizia e deputato socialdemocratico di spicco, si è stupita “non tanto di Giovanardi quanto del silenzio del potere croato”. Ricordato che il ministro Picula aveva reagito duramente all’atto dell’assegnazione della medaglia d’oro a Zara italiana, tanto che l’iter era stato interrotto, considera l’idea dei nomi “del tempo dell’’occupazione italiana” un’idea pazzesca, “uno schiaffo al popolo croato e a tutti i cittadini del paese”.
Unico a parlare in modo diverso è stato Josip Vlahović, leader del Partito democratico dei pensionati, all’opposizione in città: “Zara è un punto dolente fra l’Italia democratica e l’odierna Croazia”. Convinto che l’Italia ufficiale non abbia alcuna pretesa verso la città, ha ricordato che vi è chi in Italia considera le vecchie province solo sotto l’aspetto di perdita di territorio.
Nel passato la città è stata punto d’incontro di grossi interessi, da quelli di Venezia ai turchi, arrivati molto vicino, da quelli austriaci a quelli dell’Italia. Nel contesto però dell’Unione Europea in cui ci ritroveremo tutti presto, questi temi assumeranno una prospettiva del tutto diversa.
Nota conclusiva, sempre sulla ‘Slobodna’.
I regimi susseguitisi dal ‘45 hanno chiamato in modi diversi la principale via cittadina. (prima Omladinska e Ivo Lola Ribar, ultimamente Široka ulica).
La gente però l’ha chiamata sempre e solo Kalelarga.(o Callelarga, che dir si voglia).
(courtesy MLH)