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Zara e Dresda (Il Piccolo 10 mag)

LETTERE

Lo storico Roberto Spazzali, riprendendo un tema già iniziato dall’insigne giornalista Paolo Mieli (Corriere della Sera del 23 marzo c.a., pagg.38-39) si duole che la medaglia d’oro al valor militare, già assegnata alla città «martire» di Zara, per i bombardamenti del 1944, non sia mai stata conferita al relativo gonfalone, con la solenne ufficialità del caso, per il fermo e deciso veto diplomatico del governo di Zagabria (Il Piccolo del 3 maggio c.a., pag 15). Cita il professore, come già il ricordato Mieli, il recente saggio di Paolo Simoncelli «Zara, due e più facce di una medaglia » ed. La nuova meridiana – Le lettere, Roma, 2010). Postfazione dello stilista Ottavio Missoni. E muove doglianza, inoltre, parlando di ipocrisia ufficiale da parte dello Stato italiano e di «rappresentazione esemplare della pochezza delle italiche istituzioni politiche ». Si potrebbe definire, così, la città di Zara – dice Spazzali – la «Dresda dell’Adriatico».

Ma, attenzione. Forse sfugge allo studioso concittadino che la storia di Dresda è stata recentemente riveduta e corretta. Vistosamente. Lo riferisce il corrispondente, sempre del Corriere, da Berlino, Danilo Staino (18 marzo 2010, pag.51). Si tratta del risultato di attenti ed accurati studi effettuati da un’apposita commissione di storici tedeschi costituita nel 2004 dall’allora sindaco della «Firenze dell'Elba», Ingolf Rossberg. I bombardamenti angloamericani del febbraio 1945 su Dresda andrebbero, infatti, completamente ridimensionati, rivisti e riconsiderati nel numero delle vittime, nei giusti limiti, e non avrebbero causato la tragedia dalle proporzioni immani fattaci credere, prima dalla propaganda nazista ed, in seguito, da quella comunista della Germania dell’Est tendente a criminalizzare ed ingigantire l’evento storico, a dimostrazione della inutile malvagità degli «imperialisti occidentali».

Lo storico negazionista Darving Irving – in quello scenario apocalittico e wagneriano – parlò addirittura di una Shoah contro la Germania (strage di civili inermi e profughi dall’Est, nella misura di 250-300.000 vittime, nel suo libro «Apocalisse a Dresda», edito in Italia da A. Mondadori nel 1965). Ma non è stato cosi, ora ci dicono gli storici della «commissione Rossberg» che dopo sei anni di studio hanno concluso i lavori.

Ed allora, mutatis mutandis, che sia forse il caso, anche per noi, per doverosa esigenza di onestà storica, di approfondire le ricerche e gli studi sulla tragedia di Zara del lontano, ma mai dimenticato, anno 1944? Fu quella realmente un’operazione militare,essendo divenuta Zara – per esigenze belliche – un importante sito logistico delle forze del Reich, servito anche da un porto di una certa rilevanza? Gli angloamericani non avevano forse un’adeguata e ben efficiente intelligence per non comprendere che, in realtà, erano gli jugoslavi di Tito i veri ispiratori di quel bombardamento? Non è forse il caso di seguire, con la serietà del caso, l’esempio della scelta tedesca? Per ricercare la verità e dare documentate, certe e concrete risposte ai dubbi che inevitabilmente possono insorgere su quella dolorosa vicenda storica. Da qualsiasi parte provengano.

Claudio Cossu
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Concordo con il signor Cossu. Meglio dubitare che avere certezze assolute. La definizione di Zara quale Dresda dell’Adriatico assume, in senso lato, la condizione di distruzione materiale più che di sterminio fisico della popolazione. Di fatto comportò la cancellazione della città e la dispersione della popolazione di lingua italiana. Danni, senza dubbio, irreparabili e letali per tutta la civiltà dalmata.

Su Dresda devo dire che le risultanze a cui sono giunti diversi storici seri mi confermano alcune brevi testimonianze che raccolsi sulle condizioni in cui si trovò la città tedesca dopo i bombardamenti alleati. Penso che su Zara ci sia ancora da studiare e scrivere, su responsabilità e complicità.

Roberto Spazzali

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