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Ziberna all’attacco: Lubiana, ritardo culturale (Il Piccolo 11 feb)

«Preoccupa e deve far riflettere il ritardo culturale che si registra a Lubiana, nel cuore della nuova Europa».
Auditorium di via Roma, ore 17.50. Chi si aspettava che la commemorazione del Giorno del Ricordo fosse la solita cerimonia protocollare ha avuto una bella doccia fredda. Il presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Rodolfo Ziberna, commentando l’intervento di qualche settimana fa con il quale il presidente sloveno Danilo Türk evidenziava nella leadership italiana un «deficit etico» in relazione al fascismo e i crimini commessi dal regime mussoliniano, è andato giù duro. «I morti non possono avere colori politici – ha rimarcato Ziberna, rivolgendosi alla platea, presenti anche numerose autorità civili e militari della provincia, oltre all’arcivescovo De Antoni –. Altrimenti, si rischia di leggere la storia e i suoi accadimenti in termini giustificazionistici. Una spirale che rappresenta una sorta di negazionismo annacquato. Evidentemente, però, le classi dirigenti slovene hanno mantenuto l’imprinting della vecchia Jugoslavia».

Parole pesanti come macigni: «Non possiamo in alcun modo accettare la teoria dell’alibi, e cioè che le repressioni titine tra il ’43 e il ’47 furono una ripercussione diretta dei crimini fascisti – sottolinea Ziberna -. Ci fu un disegno di pulizia etnica ben preciso, non molto diverso da quello che negli anni ’90 insanguinò i Balcani e che tutto il mondo ha imparato a conoscere».

Non è un caso perciò se l’Anvgd è decisa a darsi ancor più da fare sul fronte della ricerca storica. «Montanelli, nelle cronache dell’epoca, ricordò che il Governo militare alleato, all’indomani dell’occupazione titina di Trieste, ripescò dalla foiba di Basovizza 150 metri cubi di resti umani – ricorda Ziberna -. Se, poi, ci sono persone come le signore Cernigoi e Kersevan che sostengono cose diverse, credo che vadano relegate alla dimensione delle provocazione».

Eppure, oggi, come ha evidenziato il prefetto Maria Augusta Marrosu, prendendo la parola, «è fondamentale guardare alla nuova Europa che sta prendendo forma, senza trasformare il ricordo in un incitamento all’odio e la disprezzo dell’altro». Ne è convinto anche il sindaco Romoli, il quale ha ribadito «l’importanza di ricordare questa grande tragedia nazionale, per troppo tempo ignorata o relegata alla periferia della storia italiana».
Una testimonianza concreta di questa «riscoperta», giunta appena nel 2004, è stata la consegna da parte del prefetto ad alcuni parenti di giuliani, istriani e dalmati che finirono negli orridi carsici. Renata D’Ambrosio, Maria Grazia Bergognini, Fabiana Alessio, Gianluigi, Giulia e Maria Chiozza, Edda de Savorgnani, Diana Avellino e Umberto Mirarchi, tra la commozione generale, hanno ritirato la pergamena della Presidenza della Repubblica.

Nicola Comelli

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