«Il libro sulle foibe di Joze Pirjevec è uno strumento di lotta ideologica volta a frenare il processo di riavvicinamento tra italiani e sloveni».
Rodolfo Ziberna, presidente dell’Anvgd e della Lega nazionale, è tornato ieri sull’argomento della contestata presentazione del volume in Provincia con una lunga nota che, per ragioni di spazio, dobbiamo sintetizzare.
«Dopo decenni di reciproche accuse, forti tensioni e dolorose strumentalizzazioni – ha rilevato –, le componenti maggioritarie e più illuminate della maggioranza di lingua italiana e della minoranza di lingua slovena a Gorizia hanno avviato un dialogo nato sulla reciproca comprensione e sulla condivisione della verità e delle vicende storiche vissute da ciascuno. C’è chi in questi decenni ha tratto evidentemente giovamento dalle divisioni etniche tra componenti che per secoli hanno convissuto pacificamente e proficuamente su questi territori. Ragioni ideologiche hanno creato e successivamente alimentato fratture tra italiani e sloveni. E com’era assai prevedibile vi sono forze, nei reciproci estremismi alimentati da un eccesso nazionalistico, che mal tollerano questa avviata pacificazione. Ecco come si giustificano provocazioni dall’una come dall’altra parte».
Per Ziberna una di queste provocazioni, «che hanno lo scopo di scongiurare questa pacificazione, rallentando il dialogo e allontanando italiani da sloveni», è il libro sulle foibe di Joze Pirjevec presentato dall’Anpi a Gorizia, «non a caso in occasione dell’anniversario delle grandi manifestazioni di piazza del 1946, in occasione delle quali i goriziani sciamarono tutti nelle strade e nelle piazze, in una grande cornice tricolore».
«La militanza politica di Pirjevec in un partito ex comunista sloveno erede ideologico dei “titini” – continua Ziberna – è facilmente riscontrabile. Come sono facilmente reperibili anche diverse informazioni su Pirjevec che rendono evidente in quale misura egli usi la storia come strumento di affermazione ideologica. Nei suoi libri parla di “liberazione” (?) dell’Istria, territorio a maggioranza italiana sino al 1945, e del cosiddetto “Litorale sloveno” (anch’esso territorio a maggioranza italiana sino al 1945), rivendica il ruolo storico positivo dei combattenti titini del IX corpus (i massacratori delle foibe e i responsabili dell’esodo) e invita i politici croati e sloveni a non disputare sugli eventi del 1945, poiché l’Italia potrebbe trarne vantaggio».
«Questo “storico” sloveno – insiste il presidente di Anvgd e Lega nazionale – pretende di ricostruire il passato omettendo tutti gli accadimenti storici che infrangerebbero la sua tesi. Egli così non parla dell’alleanza fra governo austriaco e nazionalisti slavi nella persecuzione anti-italiana del periodo 1868-1918, che condusse alla scomparsa dell’italianità della Dalmazia. Non parla delle violenze anti-italiane degli slavi durante il dominio austriaco, della chiusura di scuole, giornali, centri culturali: si sofferma unicamente sul nazionalismo italiano dell’800, che però non perseguitò in alcun modo gli slavi, né avrebbe potuto farlo, essendo questi ultimi sotto l’amministrazione dell’impero asburgico, nettamente filo-slavo e anti-italiano.
Similmente, nel proseguimento della sua analisi il Pirjevec non parla del terrorismo slavo in Venezia Giulia posteriore al primo conflitto mondiale, che fu guidato, organizzato, finanziato dal governo di Belgrado, limitandosi a parlare delle reazioni italiane.
Allo stesso modo ricorda l’occupazione italiana di parte della Jugoslavia nella seconda guerra mondiale, senza però dire che era stata la Jugoslavia stessa a dichiarare guerra all’Italia, sottoscrivendo un’alleanza politica e militare con il Regno Unito, in cambio della promessa di ottenere la Venezia Giulia, inclusa Trieste. Ancora, il Pirjevec non ricorda che l’occupazione italiana, lungi dall’essere oppressiva, all’inizio fu accolta positivamente dalle popolazioni slave, e che si giunse a violenti scontri armati in seguito all’inizio dell’azione di guerriglia dei comunisti locali, insorti dopo l’inizio della guerra fra Germania e Urss. Le origini della guerra italo-jugoslava, e le crudeltà e le violenze della guerriglia anti-italiana, sono quindi passate sotto silenzio da questo “storico”, in modo da poter presentare le foibe quali una “resa dei conti” con “fascisti”, una sorta di vendetta per l’operato italiano nei Balcani».
Infine, le foibe e l’esodo di 350.000 italiani dalla Venezia Giulia.
«Questo “storico” – afferma Ziberna – nega che tutto ciò abbia avuto connotazioni di pulizia etnica, e sostiene che le stragi colpirono quasi esclusivamente fascisti e furono vendette. È facile osservare che soltanto una piccola parte delle vittime delle foibe era di fascisti, e che la grande maggioranza non aveva mai avuto a che fare con la politica, e ancor meno si era resa responsabile di violenze. Similmente, non ha senso alcuno, e uno storico dovrebbe capirlo, sostenere che l’intera popolazione italiana dell’Istria fosse compattamente fascista, e pretendere di spiegare così la fuga di massa dalle terre in cui viveva da sempre. Il discorso di Pirjevec è reso ancora più insostenibile dal fatto che esistono incontestabili documentazioni e testimonianze sulla natura pianificata e organizzata della pulizia etnica compiuta dagli slavi, predisposta da Tito sulla base di un piano preciso. Già negli anni 30 un serbo, Cubrilovic, poi diventato stretto collaboratore di Tito, redasse un manuale, detto appunto “manuale Cubrilovic”, in cui veniva spiegato come condurre un’operazione di pulizia etnica. Inoltre, Gilas, che fu per molti anni il braccio destro di Tito, confessò di essere stato inviato in Venezia Giulia con l’incarico di cacciare gli italiani. Soprattutto, le violenze, le persecuzioni, le angherie contro gli abitanti dell’Istria e della Dalmazia che avevano la sola colpa di essere italiani sono ben attestate, e furono la causa dell’esodo di massa. Oltre agli errori storici, numerosi e gravi, dell’opera di Pirjevec, e tali da togliere ogni valore alle ipotesi di fondo, si deve ancora aggiungere che il testo è stato scritto con intenti chiaramente politici, ed è accompagnato da commenti, osservazioni e interpretazioni inequivocabilmente ideologici».
«Si ha quindi nell’opera di Pirjevec – conclude Ziberna – una visione manichea e ideologica delle vicende storiche, con una contrapposizione fra gli slavi, considerati quali comunisti e proposti in maniera positiva, e gli italiani, giudicati tutti come fascisti e valutati del tutto negativamente. È degno di nota che questo “storico” sloveno è stato candidato, in Slovenia, nelle liste del locale partito ex comunista».