Intervento di Rodolfo Ziberna, Sindaco di Gorizia e componente dell’Esecutivo nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, per le cerimonie del Giorno del Ricordo 2023 del Comune di Gorizia.
Consentitemi innanzi tutto di volermi scusare per la mia assenza alla cerimonia di oggi, alla quale ho voluto comunque essere presente delegando la mia vice sindaco, Chiara Gatta che ringrazio, a leggere il mio intervento.
Mi è giunto, infatti, un espresso invito personale da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a partecipare alla solenne cerimonia da lui promossa stamani al Quirinale per celebrare il Giorno del Ricordo. Ovviamente Gorizia non poteva declinare l’invito per il quale sono grato al Presidente, che in molte circostanze ha dimostrato la sua vicinanza ed affetto verso la nostra comunità.
Un caro saluto agli organizzatori dell’evento di questo pomeriggio, la Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, il cui Comitato provinciale di Gorizia è presieduto dalla prof.ssa Maria Grazia Ziberna, e la Lega Nazionale, la cui Sezione di Gorizia è presieduta da Luca Urizio.
Un saluto ed un ringraziamento a tutte le autorità presenti, in particolare a S.E. il Prefetto che ha concesso il patrocinio all’evento ed alla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia.
Come figlio di esuli istriani saluto tutti voi, attenti e sensibili alle diverse anime della città, rammentando che circa il 20% della popolazione è di prima, seconda o terza generazione esule.
Da inguaribile ottimista quale sono ritengo che ogni anno, pur a piccoli passi, si va verso quella più ampia conoscenza di queste pagine di storia, esodo e foibe, che sino a solo pochi anni fa erano fatti sconosciuti ai più.
Dopo la legge istitutiva del Giorno del Ricordo, cui senza dubbio va il merito di aver largamente concorso a questa progressiva presa di coscienza collettiva, vanno ricordate le importanti riflessioni svolte dai Presidenti della nostra Repubblica da Ciampi in poi.
Importanti sono state le dichiarazioni di Sergio Mattarella in ogni celebrazione di questa giornata.
Alcuni anni fa affermò che “Mentre, infatti, sul territorio italiano, in larga parte, la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell’oppressione e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza attendeva gli Italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave.”
Ecco la ragione per cui il 25 aprile, senza dubbio lo rispettiamo e lo festeggiamo insieme al resto del Paese come momento di liberazione e festa nazionale, ma non possiamo emotivamente festeggiarla con lo stesso spirito, considerando che da lì a pochi giorni avrebbero avuto inizio i 40 giorni di terrore titino. Ed ecco la ragione per cui la Giunta comunale di Gorizia ha introdotto tra le giornate da ricordare solennemente a Gorizia la vera giornata della liberazione, che è il 12 giugno.
Il Presidente Mattarella aggiunse “Un destino comune a molti popoli dell’Est Europeo: quello di passare, direttamente, dalla oppressione nazista a quella comunista. E di sperimentare, sulla propria vita, tutto il repertorio disumanizzante dei grandi totalitarismi del Novecento, diversi nell’ideologia, ma così simili nei metodi di persecuzione, controllo, repressione, eliminazione dei dissidenti.”
“La zona al confine orientale dell’Italia, già martoriata dai durissimi combattimenti della Prima Guerra mondiale, assoggettata alla brutalità del fascismo contro le minoranze slave – va riconosciuto ed è stato giustamente fatto – e alla feroce occupazione tedesca, divenne, su iniziativa dei comunisti jugoslavi, un nuovo teatro di violenze, uccisioni, rappresaglie, vendette contro gli italiani, lì da sempre residenti. Non si trattò – come qualche storico
negazionista o riduzionista ha voluto insinuare – di una ritorsione contro i torti del fascismo.
Perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni. Tanti innocenti, colpevoli solo di essere italiani e di essere visti come un ostacolo al disegno di conquista territoriale e di egemonia rivoluzionaria del comunismo titoista. Impiegati, militari, sacerdoti, donne, insegnanti, partigiani, antifascisti, persino militanti comunisti conclusero tragicamente la loro esistenza nei durissimi campi di detenzione, uccisi in esecuzioni sommarie o addirittura gettati, vivi o morti, nelle profondità delle foibe. Il catalogo degli orrori del ‘900 si arricchiva così del termine, spaventoso, di “infoibato”.
Ha successivamente aggiunto Mattarella che una “persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme ed incolpevole…..Esistono ancora- aggiunge il Presidente della Repubblica – piccole sacche di negazionismo militante, ma oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza”.
Mi auguro ciò costituisca una pietra tombale sul giustificazionismo.
Dobbiamo grande ed eterna gratitudine a tutte quelle donne e uomini che hanno sacrificato la loro vita, o che hanno rischiato di farlo, pur di liberare le nostre terre dal giogo della dittatura nazifascista. Nutro grande rispetto per tutti coloro che, loro malgrado, sono stati costretti ad imbracciare un’arma per difendere la propria nazione e bandiera, qualunque esse siano state. Ma che sia ben chiaro che i partigiani comunisti titini non lottarono per liberare la Venezia Giulia dal giogo della dittatura, bensì per assoggettarla a quel totalitarismo comunista, che tante vittime ha mietuto non solo nella popolazione italiana ma anche in quella slovena. Noi siamo vicini a tutte le famiglie, di qualunque nazionalità esse siano, che piangono ancora i loro morti.
Sono certo che con il passare del tempo anche quel fanatismo che condanna il Comune di Gorizia quando rende omaggio ai dipendenti comunali sottratti alle loro famiglie solo per il fatto di essere italiani, verrà progressivamente meno.
Posso rassicurare le famiglie di queste donne e uomini deportati dalla furia titina che questo sindaco e questa Giunta comunale consentiranno sempre a chiunque di rendere omaggio a quella lapide nell’atrio del Municipio, che ricorda i dipendenti comunali deportati per la sola ragione di essere fieramente italiani. Non chiederemo mai, a chi verrà a rendere loro omaggio, quale sia la loro appartenenza politica, etnica o religiosa.
Oggi dobbiamo – ascoltando anche le parole del Presidente della Repubblica Mattarella e di quelli che lo hanno preceduto – battere la resistenza di chi ancora vorrebbe negare, minimizzare o giustificare.
Non dobbiamo mai abbassare la guardia. Nemmeno a casa nostra.
Gorizia, con coraggio e determinazione, ha scelto di far di tutto per far conoscere queste pagine di storia ai propri giovani. Nelle pagine di storia che deve essere conosciuta, si parla di una tragedia causata dal nazifascismo contro la comunità ebraica cancellata dall’odio dalla nostra terra solamente per il suo “essere diversa”. Nelle pagine di storia si parla delle violenze perpetrate dal fascismo contro la comunità di lingua slovena che ha duramente pagato il suo “essere diversa”. A queste comunità l’Italia tutta doveva chiedere scusa e giustamente lo ha fatto e dobbiamo porre in essere tutte le misure consentite dalla legge per impedire che ciò accada nuovamente.
Gli stessi rapporti con gli amici d’oltre confine sono mutati. Con gli ultimi tre sindaci di Nova Gorica che ho conosciuto e con cui ho lavorato fianco a fianco nella straordinaria impresa di candidare a Capitale europea della cultura del 2025 i rapporti sono di condivisione ed amicizia, nel rispetto delle reciproche diversità e del vissuto di ciascuno.
Dobbiamo essere consapevoli del ruolo che ci viene attribuito, cioè quello di essere testimonianza in Europa e nel mondo della necessità e della possibilità di trasformare un confine che divide in un confine che unisce.
Dobbiamo essere tutti consapevoli che il nostro obbligo morale è quello di far conoscere la storia ma anche di scrivere nuove importanti pagine per i nostri figli e nipoti.
Dobbiamo assolutamente guardare al nostro passato ed alle nostre radici, ma ciò con lo scopo di superare quel secolo breve che tanta sofferenza ha provocato!
Grazie per l’attenzione.
Rodolfo Ziberna
Sindaco di Gorizia